31.12.11

Passeggiando in città. Con due casse di acqua e uno scolapasta

Catania non è una città pianeggiante. A parte il centro storico a livello del mare, il resto è un succedersi di salite e discese, salite e discese, discese e salite e, in base ai punti di vista, più salite che discese. 
Per questo motivo Catania non verrà mai investita né dalla buona abitudine di muoversi in bicicletta né dagli tsunami. A parte il centro storico che però risponde ad un esiguo 5% della città totale.
E' in questo contesto che avvengono le mie passeggiate con Sofia. 
Sofia si muove su mamma soma.
A limite si concede una sgranchita lunga quattro passi, una-due-tre-quattro, e poi ritorna su. Su mamma soma.
Inizia a protendere prepotentemente e senza possibilità di replica le braccia già durante la vestizione per l'uscita.
"Aspetta, Sofia, non vedi che mi sto mettendo il cappotto?"
Continua mentre preparo la borsa.
"Aspetta, Sofia, devo prendere le chiavi"
Braccia protese ancor prima di chiudere la porta di casa.
"Fammi prima chiudere, Sofia".
A quel punto, da casa fino all'auto, chiederle di aspettare di salire in macchina risulta una barzelletta, un modo maldestro e ridicolo di defilarmi, una demenza senza alcuna ragione che lei, ovvio, non beve mai.
E inizia la via crucis.

21.12.11

Sono come miele e faccio la marmellata

C'è un dettaglio della mia vita che a ometterlo qui mi sembra proprio una mancanza.
D'altronde ho scritto di come porto i capelli, di come gioco benissimo a far la mamma trascurata, delle mie tre S imprescindibili la mattina, dei miei istinti ormonal-adolescenziali nei confronti del Riccio, della mie straordinarie abilità nell'essere disorganizzata, delle mie cotte, come quella per l'orologio da parete che con tutta la gentilezza di cui siete provviste :) mi avete distrutto con un incontrovertibile e unanime "orrendo", e delle mie crude. Uno stufato di particolari che manco dallo specialista. A scapito vostro, a volte, più che mio.
Dunque il dettaglio mancante, che se non metto adesso qui nero su bianco mi si indispone, è che non è sabato per me senza il D - La Repubblica delle Donne. Cartaceo naturalmente, ché certe profanazioni non son capace a farle.
E, nonostante lo legga più o meno in un'ora, se capita di non trovarlo mi rimane la vaga impressione che per tutta la settimana manchi poi qualcosa. Che ci posso fare, son fatta così: ho bisogno dei miei piccoli punti di riferimento maniacali.
Il mio viaggio con "D" inizia qui.

18.12.11

Buona la prima. Buonissima.




1. Questa parte si chiama attesa.
Non si sa in effetti come potrebbe essere, cosa avverrà, come sarà. E' talmente un fatto nuovo che tutte le supposizioni fatte fino a qualche minuto prima lasciano il tempo che trovano, si sa. Il tempo dell'attesa. Quella che ti fa stare appoggiata in piedi al muro perché, quando non sai cosa sarà davanti, almeno il duro dietro la schiena è una certezza.
Davanti, dal tetto della stanza fino a terra, un telo blu arrangiato. Tutto attorno l'incanto della neve, delle foglie secche, del rosso, ovunque rosso. Ma su tutto alla fine comanda quel telo sgangherato, trascina la vista, nessuno rimane libero, di poggiare gli occhi su altro. L'attesa è su questo telo. 
Nel frattempo si sorride, di quei sorrisi sciocchi per guarnire il tempo sospeso usati da chi in effetti non sa come potrebbe essere, cosa avverrà, come sarà.

3.12.11

In fondo anche i vampiri aspettano un'alba

Uno spettro si aggira per Catania. È lo spettro della donna-mamma vampirizzata.

La si riconosce, la donna-mamma vampirizzata, perché lei non appartiene alla categoria "vedrai!, dopo i due anni le cose cominciano a migliorare". Quel faro di speranza regalato alla fragilità emotiva di tutti i genitori del mondo non le appartiene. Piuttosto lei appartiene alla categoria "dopo i due anni, in linea con i sostanziali miglioramenti del figlio, ogni giorno è sempre peggio". La curva di crescita del bimbo va su, la donna-mamma vampirizzata va giù. Come in una bilancia.
La donna-mamma vampirizzata si vede dal mattino. Il gabinetto è ancora un tandem. È sempre più un tandem. E dato che ancora un minimo di dignità le è rimasta, se pur trattenuta con difficoltà, cerca di glissare il problema anticipando sui tempi. Così sono le otto e trenta. Poi le otto. Poi ancora le otto meno un quarto. Le sette e trenta. Le sette. E così fino a non riconoscere più la linea di demarcazione tra giorno che viene e giorno che se ne è appena andato.
Ma niente. Dopo un minuto appena che la donna-mamma vampirizzata pare stia assaporando le sue imprescindibili tre S, seduta-sigaretta-scritti, che siano le otto o le cinque del mattino non conta. Alla DMV verrà chiesto di chiudere il giornale, spegnere la sigaretta e alzarsi. Tutti i giorni.