Va bene, che io sia ipocondriaca è ormai di pubblico dominio, no?
Lo sapete tutti, l'ho detto, detto e ridetto, magari un po' masticato forse, come chi certe magagne della propria persona fa fatica ad esporle e se le tiene strette e imburkate per una specie di pudore ai limiti dell'integralismo.
Dunque lo sapete.
Ma sapete fino a che punto?
Fino a che punto una paranoia può fare di un essere umano responsabile, lucido e illuminato, una scamorza affumicata?
Ve lo dico io: fino al punto di vagare ansiosa e preoccupata per casa con la stessa eleganza di una gallina. Perché in quei momenti di ansia ingiustificata me ne rendo conto di assomigliare ad una gallina. Per capacità intellettiva e motoria.
Razzolo per casa in cerca di qualcosa che mi dia sollievo dall'ansia e più non la trovo più mi sale l'ansia; e più mi sale l'ansia più aumentano i sintomi che mi hanno procurato ansia; e più i sintomi si acuiscono più l'ansia...
E via così, in un circolo che fa razzolare in tondo la gallina.
Razzolo per casa in cerca di qualcosa che mi dia sollievo dall'ansia e più non la trovo più mi sale l'ansia; e più mi sale l'ansia più aumentano i sintomi che mi hanno procurato ansia; e più i sintomi si acuiscono più l'ansia...
E via così, in un circolo che fa razzolare in tondo la gallina.
Inutile discutere sui perché che sottendono il mal razzolare.
Qui voglio discutere di come la gallina possa togliersi di dosso quella ridicola camminata ruzzolante, quel piumaggio impolverato e quell'inutile chiocciare fine a se stesso e ricominciare ad avere una parvenza umana, senza ricorrere a palliativi lexotanici (la gallina sarà pure onnivora ma c'è un limite a tutto).
La risposta è: anch'io.
Anch'io: balsamo per la testa che fuma, interruttore primo che spegne ogni paura.
Ho scoperto che l'unica mia arma a disposizione per risolvere questa faccenda è quella di prendermi per il culo. Insomma guardarmi da un punto lontano da me e banalizzare il mio comportamento. Riderne e insieme averne, come dire?, misericordia. Come fa un genitore con le piccole paure immaginarie dei figli.
Ma perché questo sia veramente efficace c'è bisogno che qualcuno rida assieme a me.
Perciò ne parlo. Discuto dei sintomi, delle sensazioni, del circolo dentro al quale rimango imbrigliata.
Di come la gallina sia il mio animale totemico.
E qualche giorno fa mi è capitato di parlarne con una donna a mio parere grande: forte, energica, intelligente. Perciò attendibile.
E lì mi regala quella formula magica, quel miele odoroso di quiete, quel "anch'io".
Mi dice che anche lei, tanti anni fa, ha provato lo stesso disagio. E ci credo perché, mentre racconta, in quella donna mi riconosco, sono io.
Mi dice che è la paura che nasce quando si hanno figli.
Lo so: alla fine la più grande nostra responsabilità è quella di non abbandonarli. Ma in questo caso non ci sono promesse che tengano, azioni giuste da compiere, doveri da assolvere. Questo tipo di responsabilità non ha nulla a che fare con l'impegno e le scelte e il controllo sul proprio destino. Qui tutto è affidato al caso.
E ci rimane quindi o di abbandonarci fiduciosi o dimenarci ansiosi per il fatto di non avere potere e controllo sul caso.
Abbandonarmi fiduciosa è quello che sto tentando di fare.
Mi dice che poi passa.
Questa donna credo mi abbia donato il conforto del fiume. Cioè il sollievo che dà sapere che tutto si muove, viene e va via, con la stessa delicatezza dell'acqua.
Ho scoperto che l'unica mia arma a disposizione per risolvere questa faccenda è quella di prendermi per il culo. Insomma guardarmi da un punto lontano da me e banalizzare il mio comportamento. Riderne e insieme averne, come dire?, misericordia. Come fa un genitore con le piccole paure immaginarie dei figli.
Ma perché questo sia veramente efficace c'è bisogno che qualcuno rida assieme a me.
Perciò ne parlo. Discuto dei sintomi, delle sensazioni, del circolo dentro al quale rimango imbrigliata.
Di come la gallina sia il mio animale totemico.
E qualche giorno fa mi è capitato di parlarne con una donna a mio parere grande: forte, energica, intelligente. Perciò attendibile.
E lì mi regala quella formula magica, quel miele odoroso di quiete, quel "anch'io".
Mi dice che anche lei, tanti anni fa, ha provato lo stesso disagio. E ci credo perché, mentre racconta, in quella donna mi riconosco, sono io.
Mi dice che è la paura che nasce quando si hanno figli.
Lo so: alla fine la più grande nostra responsabilità è quella di non abbandonarli. Ma in questo caso non ci sono promesse che tengano, azioni giuste da compiere, doveri da assolvere. Questo tipo di responsabilità non ha nulla a che fare con l'impegno e le scelte e il controllo sul proprio destino. Qui tutto è affidato al caso.
E ci rimane quindi o di abbandonarci fiduciosi o dimenarci ansiosi per il fatto di non avere potere e controllo sul caso.
Abbandonarmi fiduciosa è quello che sto tentando di fare.
Mi dice che poi passa.
Questa donna credo mi abbia donato il conforto del fiume. Cioè il sollievo che dà sapere che tutto si muove, viene e va via, con la stessa delicatezza dell'acqua.
Dio! Parlare, comunicare, esporsi, buttare fuori tutto, dare alla luce quello che all'ombra si guasta. Dio che sollievo!
Perché c'è sempre qualcuno che raccoglie, che usa parole giuste, che toglie quel senso di isolamento che affianca in automatico le nostre debolezze.
Perché il potere catartico della condivisione smuove le montagne. O i macigni.
E anche perché quando una gallina parla della sua gallinitudine significa che ha coscienza di sè.
E in quel momento il suo chiocciare comincia ad essere poco più umano e sensato.
Nota al post: devo andare a lavorare!
Perché c'è sempre qualcuno che raccoglie, che usa parole giuste, che toglie quel senso di isolamento che affianca in automatico le nostre debolezze.
Perché il potere catartico della condivisione smuove le montagne. O i macigni.
E anche perché quando una gallina parla della sua gallinitudine significa che ha coscienza di sè.
E in quel momento il suo chiocciare comincia ad essere poco più umano e sensato.
Nota al post: devo andare a lavorare!
anch'io ;)
RispondiElimina(e te ne parlerò, intra nos)
m.
volevo dire inter nos, insomma in separata sede :)
RispondiEliminamami,
RispondiElimina:)
grazie
tu burqa eh?
no, scherzo! sono io in topless :)
burqa tolto
RispondiEliminaanch'io 2
:)
m.
anch'io. e sopratutto anche il papà di B, che ogni giorno mi riporta il bollettino di qualcuno in balìa di un triste malanno quasi che si tratti di un virus ad alto potere infettivo.
RispondiEliminaanche mia madre. e mi fa impazzire. forse per reazione a lei io tendo invece a non prendere mai in considerazione il mio corpo come oggetto di malanno grave. al punto che un paio di anni fa i sono fatta una polmonite in piedi, senza mai mancare un giorno al lavoro.
RispondiEliminacmq concordo su un'arma infallibile: l'ironia. e l'autoironia. io mia mamma la prendo in giro come nessuno mai. e se lei non è proprio in preda all'ansia al 100 peer cento alla fine riesce a scapparle perfino un sorriso. e sta meglio.
veronica, se vuoi una che rida insieme a te delle tue paure ipocondriache, conta su di me ;)
anch'io. ora. ma mi ci devo abituare.
RispondiEliminanon all'ipocondria, dico. all'ansia.
che è arrivata dopo.
gallina, gallina, gallina!
a.
ps: la marta me la vedo febbricitante, a tossire per la redazione, ma inamovibile. e la mami? sìssì, vero, lei il burqa non l'ha mai levato. ogni tanto alza un lembo, ma se lo tiene stretto stretto. nella vita reale.
poi le pagine in rete, ecco, quelle aprono uno spiraglio tra le pieghe del tessuto.
un saluto anche a rosa, che occhieggia qua e là...
amen sorelle!
RispondiEliminagrazie sentito a tutte voi che raccogliete benissimo,
tutte le volte che getto il sasso.
se questo blog non è solo un zuccheroso pucci pucci pa pa, lo devo alla forza che mettete nell'affrontare questioni, come dire?, no-pucci pucci pa pa
mami,
sei fortissima nuda :)
marta,
mentre pensavo il post mi venivi in mente tu (Rolla se non ricordo male. tu ricordi?) e proprio tua madre nel post in cui raccontavi di come fosse stata sorprendentemente brava in ospedale (misteri dei blog)
grazie, lo so. e fallo.
rosa,
inutile dirti che è bello che ci sei. o-ddi-o!!! no! i bollettini no! ne morirei!
cara a.,
se lei è una gallina, è sicuramente quella del titolo.
quella che non si risparmia mai, che si spreca, che ha il coraggio di esprimere quello che pensa e quello che è perché ha capito che la dignità consiste in questo.
se lei è una gallina,
con lei le galline saranno la razza eletta che guiderà il mondo.
(è da tanto che volevo dirtelo. mi è uscito così. magari farò meglio in un'altra circostanza)
ciao vero cara,
RispondiEliminati attendo sul mio blog per l'intervista...