17.4.13

Il semino che voleva rimanere nascosto

C'è stato un tempo in cui Sofia correva incontro alla gente.
Letteralmente. Vedeva qualcuno da lontano, lo indicava, chiedeva chi fosse e cominciava a corrergli incontro.
E poi dava sfogo alla sua curiosità inestinguibile. E irriverente, per lo più.
Perché hai questo panzone enorme?
Ma sei vecchia o giovane, alla signora della macelleria cinquantenne tutta laccata che quel giorno, come ogni giorno, chissà quante acrobazie aveva fatto per camuffare la lettera scarlatta della sua età.
Perché hai il culone?
Uno si è visto costretto a rispondere "Perché sono pelato" alla domanda del perché portasse il cappello.
Uno spettacolo insomma. Imbarazzante un po' per tutti, ma pur sempre uno spettacolo.
Uno spettacolo di verità palesate, di coraggio incosciente, di sincera, appunto dicevo, curiosità sotto il cui vaglio passava ogni forma di creatura umana, fosse anche la più insignificante, e che per qualche istante di celebrità offerta da questa bambina riusciva pure a sdrammatizzare, a ridicolizzare quel suo proprio neo.
Tranne la signora tutta laccata. La signora tutta laccata no: piuttosto m'avrebbe pestata a suon di cosce di pollo.


E poi all'improvviso.
All'improvviso succede che Sofia si nasconde.
Rimane ancora fortissimamente incuriosita dalla gente, chiede, vuole parlare, conoscere, ma adesso si nasconde, cammina dietro le mie gambe pur sbirciando assetata di vedere.
Non grida più con quei suoi urletti allegri indirizzati all'oggetto della sua attenzione di turno, piuttosto bisbiglia, ridacchiando divertita come se ci stessimo confessando dei segreti, ma comunque bisbiglia.
E poi non si "esibisce" più con quella stessa foga che hanno gli artisti di manifestarsi e venir fuori come se fosse una questione esistenziale, come per essere creduti vivi.
Voi non lo sapevate, ma noi qui dividevamo il tetto con Lady Gaga.
Bimba istrionica, creativa, esibizionista estrema, come solo i bambini amano fare.
E Lady Gaga.

Ed eccallà.



È arrivata quella cosa che prima o poi abbiamo sperimentato tutti, riducendoci a ignobili pecorelle dallo sguardo smarrito di fronte al confronto con gente che non si conosce: l'imbarazzo.
L'imbarazzo per se stessi, forse, non so.
Quel sentimento che arriva nel momento in cui prendi coscienza di te stesso e che non c'era l'attimo prima in cui ti lanciavi nel mondo quando tu non eri ancora tu ma eri il mondo.
Quel sentimento irragionevole, ma pur forte e vero, tanto vero da farti parlare a bassa voce, da smorzare gli impulsi, da farti nascondere come se avessi perpetrato il più orrido dei misfatti.
L'evento da Genesi biblica che prima o poi, più o meno, ci tocca tutti.
Che gran peccato.
Che spreco.
Che pena.
E che paura che ho.
Visto che io, nonostante certi aggiustamenti di rotta, rattoppi fatti dall'esperienza, questo senso irrazionale di vergogna per misfatti mai compiuti non me lo sono mai tolto del tutto.



p.s.: il titolo del post è quello della video storia che sto preparando :)

4 commenti:

  1. io aspetto la videostoria, mi metto comoda..
    :)
    m.

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  2. :) grazie, Mami.
    è in stop motion, quindi ci vuole un po', essendo il mio primo esperimento

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  3. mio figlio grande Mattia, di sette anni, anche ora è di una schiettezza allucinante, eppure la cosa mi mette in difficoltà. Quando un bambino guarda una mamma davanti alla scuola e le dice: "Togliti quel rossetto rosso che sei vecchia!", lasciando la malcapitata senza parole, diciamo che non sai che pesci pigliare. A volte lo preferirei un po' più timido, che timido non è :-)

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