Siamo nel pieno dei terrible two, campo di battaglia furibondo.
Tra una rara espressione d'affetto e l'altra di vago bisogno di sicurezza, per il resto, nell'arco di un'intera giornata, è un interminabile, continuo, ultrasonico urlo.
Sofia urla. Cioè, Sofia canta, parlocchia, balla, bofonchia, mima, imita, ma, se dovessi riassumere con un'unica voce la sua personale maniera di comunicare, direi che Sofia urla.
Ha di recente scoperto la forza del portare all'estenuazione per ottenere eventuali oggetti del desiderio.
Ora so che la tortura cinese non è mica il frutto di un atteggiamento degenerato in seguito a sovrastrutture sociali esacerbate in seno allo sviluppo delle civiltà.
La tortura cinese è una naturale acquisizione metodologica dell'angioletto di casa. Forse addirittura una sua naturale disposizione.
Giorni interi a tiranneggiare urlando sui miei già precari equilibri psichici. Giorni interi a spuntarla urlando per intercessione dei miei tentativi di difendere i suddetti già precari equilibri psichici.
Fino a che ieri sera, sul bordo del letto: "payya!".
Palla.
"No, amore, a letto no la palla: è sporca".
Paaayyyaaa!!!
"No, amore, te l'ho già detto: è sporca e non può venire a letto con te"
Paaaaaaayyyyyyyyyyaaaaaa!!!!!!!
Ecco. E' qui che in un istante da oggetto portatore ufficiale di spensieratezza, la palla si è trasformata in questione di principio. Per Sofia. Per me.
In un lampo, pensando ad un cedevole sì, ho immaginato Sofia a quattro anni picchiare il compagnetto al parco per un posto sull'altalena, a dieci diventare la bulla dell'istituto elementare, a tredici essere bocciata agli esami di terza media, a quindici scappare a Berlino con un cinquantenne musicista russo con la cresta, a venti tornare a casa a chiedere cento euro, "investimento per un progetto epocale, rivoluzionario, audace, con sicuri e ampi margini di sviluppo sulla scena internazionale del mercato" (bigiotteria di bassa lega in una bancarella a Berlino).
Perciò: no! la palla no!
Ho visto l'arcobaleno sul viso di Sofia lasciare poi il posto ad un rosso violaceo.
Urla strazianti, singhiozzi imploranti, muscoli tesi allo spasimo.
Mezz'ora.
Finché le ho preso il braccio e le ho urlato di smettere di urlare. Il paradosso della rabbia.
E poi, impotente e frustrata, le ho chiesto di scegliere: o calmarsi con Winnie the Pooh o la palla a letto e la mamma furibonda che le toglie la parola.
Siamo stremate. Lei succhia forte il ciuccio. Io vado fuori a fumarmi una sigaretta.
720 circa.
Le notti che abbiamo passato assieme.
Le notti in cui sono stata il solo e vero oggetto transizionale di Sofia.
720. Tutte da quando è nata. Meno che questa.
Quando torno da lei, dorme. Dorme e singhiozza.
Siamo nel pieno dei terrible two, campo di battaglia furibondo e impietoso.
Dove però non si fanno mai vincitori.
Qui ci sono solo una bimba che dorme con ancora le ciglia appiccicate e bagnate e una mamma con un misto ingestibile di rabbia e senso di colpa.
In mezzo a loro una palla.
La loro prima questione di principio.
Tra una rara espressione d'affetto e l'altra di vago bisogno di sicurezza, per il resto, nell'arco di un'intera giornata, è un interminabile, continuo, ultrasonico urlo.
Sofia urla. Cioè, Sofia canta, parlocchia, balla, bofonchia, mima, imita, ma, se dovessi riassumere con un'unica voce la sua personale maniera di comunicare, direi che Sofia urla.
Ha di recente scoperto la forza del portare all'estenuazione per ottenere eventuali oggetti del desiderio.
Ora so che la tortura cinese non è mica il frutto di un atteggiamento degenerato in seguito a sovrastrutture sociali esacerbate in seno allo sviluppo delle civiltà.
La tortura cinese è una naturale acquisizione metodologica dell'angioletto di casa. Forse addirittura una sua naturale disposizione.
Giorni interi a tiranneggiare urlando sui miei già precari equilibri psichici. Giorni interi a spuntarla urlando per intercessione dei miei tentativi di difendere i suddetti già precari equilibri psichici.
Fino a che ieri sera, sul bordo del letto: "payya!".
Palla.
"No, amore, a letto no la palla: è sporca".
Paaayyyaaa!!!
"No, amore, te l'ho già detto: è sporca e non può venire a letto con te"
Paaaaaaayyyyyyyyyyaaaaaa!!!!!!!
Ecco. E' qui che in un istante da oggetto portatore ufficiale di spensieratezza, la palla si è trasformata in questione di principio. Per Sofia. Per me.
In un lampo, pensando ad un cedevole sì, ho immaginato Sofia a quattro anni picchiare il compagnetto al parco per un posto sull'altalena, a dieci diventare la bulla dell'istituto elementare, a tredici essere bocciata agli esami di terza media, a quindici scappare a Berlino con un cinquantenne musicista russo con la cresta, a venti tornare a casa a chiedere cento euro, "investimento per un progetto epocale, rivoluzionario, audace, con sicuri e ampi margini di sviluppo sulla scena internazionale del mercato" (bigiotteria di bassa lega in una bancarella a Berlino).
Perciò: no! la palla no!
Ho visto l'arcobaleno sul viso di Sofia lasciare poi il posto ad un rosso violaceo.
Urla strazianti, singhiozzi imploranti, muscoli tesi allo spasimo.
Mezz'ora.
Finché le ho preso il braccio e le ho urlato di smettere di urlare. Il paradosso della rabbia.
E poi, impotente e frustrata, le ho chiesto di scegliere: o calmarsi con Winnie the Pooh o la palla a letto e la mamma furibonda che le toglie la parola.
Siamo stremate. Lei succhia forte il ciuccio. Io vado fuori a fumarmi una sigaretta.
720 circa.
Le notti che abbiamo passato assieme.
Le notti in cui sono stata il solo e vero oggetto transizionale di Sofia.
720. Tutte da quando è nata. Meno che questa.
Quando torno da lei, dorme. Dorme e singhiozza.
Siamo nel pieno dei terrible two, campo di battaglia furibondo e impietoso.
Dove però non si fanno mai vincitori.
Qui ci sono solo una bimba che dorme con ancora le ciglia appiccicate e bagnate e una mamma con un misto ingestibile di rabbia e senso di colpa.
In mezzo a loro una palla.
La loro prima questione di principio.
è durissima, ciccia. però qualche no va detto. spiegandone i motivi, ma va detto. era meglio cominciare prima. ma sei ancora pienamente in tempo. io con i primi due sono stata bravissima. a dire no, dico.
RispondiEliminacon quest'ultima carognetta mi sono rammollita (sarà l'età) e ora la pago perché lui è il despota di casa. però qualche volta riesco ancora a vincere io. e dopo pianti beduini il mostro se ne fa una ragione e tutto riparte come se niente fosse. proprio quando pensavi che ancora un minuto e muore. sono diabolici.
Grande. Lo spauracchio del musicista cinquantenne sarebbe forse bastato ma la menata dei cento euro toglie ogni dubbio sull'importanza del no!
RispondiEliminaAle, :)
RispondiEliminache ridere!!!
Marta,
sappi che sono sempre stata hitleriana con Sofi, tant'è che dai passati momenti "buoni e calmi" in lei sopravvive un'altissima capacità di evitare i pericoli (toccare oggetti hot, mettersi cose piccole in bocca) e poi è molto educata: ciao, grazie, prego, per favore.
il guaio è solo da qualche tempo.
una specie di adolescenza infantile: figlio vs figure di riferimento.
ma mi devo preoccupare?
Eccolo il nuovo layout! Te e Sofi là sopra mi piacete un sacco. Brava Veronica.
RispondiEliminam.
:)
RispondiEliminagrazie Mami, sostenitrice dei miei mirabolanti quanto improbabili schizzi
:)
veronica, la mia guru dice che intorno ai tre anni i bambini diventano più aggresivi e assertivi perché hanno bisogno di affermare il sè.
RispondiEliminaa noi sta trovare l'equilibrio tra lasciare spazio alla libertà di espressione e il fornire i necessari e salutari limiti alla popanza.
stava parlando di maschi, immagino che con le femmine (sempre molto più avanti) questo succeda prima.... non ti devi preoccupare.
grazie, Marta
RispondiEliminalo sto chiedendo a mezza popolazione.
E' sempre questa la risposta, meravigliosa risposta.