Oltre alla mancanza in generale di padronanza e di sovranità sul mio corpo e sulla mia mente per usufrutto illimitato tendente al monopolio da parte del tiranno ventimesenne Sofia (si pensi in primis alla totale impossibilità - totale, e ripeto ingrassando totale perché alla vostra attenzione venga sottolineato il concetto di modo della totalità - dicevo, alla totale impossibilità, nel caso in cui il tiranno ponga il pollice verso - e si sa quanto per un tiranno il pollice verso contro il gladiatore sia attività di godimento -, di sopperire alle esigenze del corpo nel momento in cui quelle esigenze mi si presentano in modo inequivocabile e perentorio quali igiene primaria, evacuazione delle sostanze di rifiuto, esigenze di riequilibrio delle forze, ovvero rispettivamente doccia - bagno - attività motoria e riposo), una delle cose che hanno contribuito al black out sulla mia persona è la prolungata astinenza dal sopperire alle esigenze dell'intelletto, quali tutto ciò che non ha a che fare con l'attività ludica del tiranno ventimesenne e suo pollice verso.
Niente musica di sottofondo alle mie attività.
A dire il vero nessuna attività.
Nessuna ultima uscita al cinema.
A dire il vero nessuna uscita.
Nessuna conversazione liberatoria di durata illimitata.
A dire il vero nessuna conversazione liberatoria.
Nessuna lettura di ampliamento e perfezionamento dei punti di vista.
A dire il vero nessun punto di vista.
Cosi è.
Inesorabile, no?, questo così è.
Eppure anche dietro il cemento armato dell'inesorabilità tenta di spuntare sempre fuori quel germoglio tipico dell'essere umano che resiste, si aggrappa, usa le unghia, sopravvive nel nome di "a tutti i costi" per quell'ostinato senso di attaccamento alla vita che, nonostante tutti i cementi armati attorno, non si ammutolisce mai.
In breve: di necessità virtù.
Eccola la mia virtù.
Siamo di fronte all'ennesimo video su Sofiatube: questo motivetto lo abbiamo ascoltato centinaia di volte, ma stavolta Google decide in automatico di tradurre il titolo.
Se sei soddisfatto.
Soddisfatto. Non felice. Soddisfatto.
E' una traduzione alla buona, balza all'occhio l'approssimazione del sinonimo.
Ed è quanto di più efficace possa esistere.
Specie per una che non ha ancora neanche lontanamente capito come si fa, si fa, ad esserlo.
Specie per una che ad un certo punto della sua vita ha relegato il fare ad una posizione di inferiorità rispetto alla contemplazione come fosse una distrazione, distrazione da qualcosa di più sostanziale.
Non lo so perché poi, nel mio personale percorso, dalla consapevolezza di non poter reperire soddisfazione dall'acquisto di beni o dallo svago in generale, sia arrivata a concepire quasi tutte le attività come distrazioni, sviamenti da quello che pensavo esistesse e fosse più efficace per la mia soddisfazione (o felicità).
La storia finisce che sono un cazzo confuso.
Perciò la traduzione del motivetto scemo mi riporta all'importanza del fare per essere felici.
Felicità è troppo alto, un concetto enigmatico senza punti di riferimento.
Soddisfazione è più pratico, dice fai, tanto, satis (assai, da cui deriva sazio o sazietà) + facere.
Soddisfazione non ha nulla a che fare con contemplazioni amorfe di individui come me che si atteggiano ad anime del cosmo: soddisfazione è più umano, più umile, se vogliamo più infantile.
E i bambini, nel loro unico intento a fare, non sono forse felici?
Niente musica di sottofondo alle mie attività.
A dire il vero nessuna attività.
Nessuna ultima uscita al cinema.
A dire il vero nessuna uscita.
Nessuna conversazione liberatoria di durata illimitata.
A dire il vero nessuna conversazione liberatoria.
Nessuna lettura di ampliamento e perfezionamento dei punti di vista.
A dire il vero nessun punto di vista.
Cosi è.
Inesorabile, no?, questo così è.
Eppure anche dietro il cemento armato dell'inesorabilità tenta di spuntare sempre fuori quel germoglio tipico dell'essere umano che resiste, si aggrappa, usa le unghia, sopravvive nel nome di "a tutti i costi" per quell'ostinato senso di attaccamento alla vita che, nonostante tutti i cementi armati attorno, non si ammutolisce mai.
In breve: di necessità virtù.
Eccola la mia virtù.
Siamo di fronte all'ennesimo video su Sofiatube: questo motivetto lo abbiamo ascoltato centinaia di volte, ma stavolta Google decide in automatico di tradurre il titolo.
Se sei soddisfatto.
Soddisfatto. Non felice. Soddisfatto.
E' una traduzione alla buona, balza all'occhio l'approssimazione del sinonimo.
Ed è quanto di più efficace possa esistere.
Specie per una che non ha ancora neanche lontanamente capito come si fa, si fa, ad esserlo.
Specie per una che ad un certo punto della sua vita ha relegato il fare ad una posizione di inferiorità rispetto alla contemplazione come fosse una distrazione, distrazione da qualcosa di più sostanziale.
Non lo so perché poi, nel mio personale percorso, dalla consapevolezza di non poter reperire soddisfazione dall'acquisto di beni o dallo svago in generale, sia arrivata a concepire quasi tutte le attività come distrazioni, sviamenti da quello che pensavo esistesse e fosse più efficace per la mia soddisfazione (o felicità).
La storia finisce che sono un cazzo confuso.
Perciò la traduzione del motivetto scemo mi riporta all'importanza del fare per essere felici.
Felicità è troppo alto, un concetto enigmatico senza punti di riferimento.
Soddisfazione è più pratico, dice fai, tanto, satis (assai, da cui deriva sazio o sazietà) + facere.
Soddisfazione non ha nulla a che fare con contemplazioni amorfe di individui come me che si atteggiano ad anime del cosmo: soddisfazione è più umano, più umile, se vogliamo più infantile.
E i bambini, nel loro unico intento a fare, non sono forse felici?
Il gladiatore vuole essere soddisfatto.
Doccia, bagno, attività motoria nel momento in cui la necessità dello stato animale si presenta,
immagino sarebbe un buon inizio.
(avere accesso alla bacheca di Blogger piuttosto che a www.disney.it, pure)
dunque, vediamo:
RispondiElimina1. fare doccia/bagno in vasca con Sofia annessa
2. fare jogging al parco spingendo passeggino di Sofia
3. andare al cinema con Sofia a vedere l'ultimo cartone
...
no eh? il risultato non cambia? ma almeno
ti lavi
fai movimento
vai al cinema
;)
p.s. per consigli da mamma tosta che sa staccare dai figli senza sentirsi in colpa rivolgersi altrove - io tutt'al più mi ritaglio due ore al sabato per il corso di maglia, that's all..
m.
dunque dunque
RispondiElimina1. fare doccia con Sofia che mi guarda. Fatto. Risultato? Sofia tutta bagnata e io con i piedi fracassati perché ha la mania di buttare ogni oggetto ogni nella vasca
2 passeggino di Sofia non pervenuto. Sofia mi fa fare (vedi Domenica scorsa) chilometri di passeggiata con lei in braccio. Risultato? Tachicardia.
E poi, dopo due anni a casa o con lei fuori, comincio a desiderare uscite più...adulte si può dire?
3andare al cinema per vedere ancora cartoni animati? AAAAAAHHHHHHAAAAAAA (urlo munchiano)
non è solo questione di sensi di colpa perché direi che ora non ne ho: ho solo delle necessità.
la questione è che non me la tiene proprio nessuno. mi sa che se la fanno alla larga un po' tutti.
no mamma ma gente tosta cercasi, sì
usti, ma urge rivoluzione contro il tiranno!
RispondiEliminavabbè, la doccia te la puoi fare la sera quando dorme (perché dorme, vero?!?!)
la passeggiata con lei in braccio gliela devi negare, punto e basta.
dille che hai mal di schiena e pure alla gamba, alla testa e al cuore. ti faccio un esempio: i miei figli mi hanno sempre rotto le palle per essere presi in braccio (beh, i due grandi non più!!), sembrava avessero improvvise paralisi. e io schiava e camalla!
poi ho scoperto che con mia mamma facevano chilometri fin da piccolissimi senza dire beh. perché lei non glielo ha mai concesso, per ovvi motivi. quindi, alla fine, bisogna imparare a imporsi. e a negarsi.
quanto al cinema o a una chiacchierata con amica in assenza di minorenni, ci sarà pure una baby sitter che una sera ogni 15 giorni si sobbarca la pupetta! è vero costa, ma una volta ogni due settimane... insomma, sono soldi spesi bene. e tu non devi farti impietosire dagli strepiti della piccola quando te ne vai: nessuno è morto per essere stato lasciato solo con tata tre ore ogni 15 giorni!
dai, coraggio, riprenditi un po' di spazio. :)
oddio so proprio un macello, nè vero?
RispondiElimina:)
Ka mate, ka mate! Ka ora Ka ora!
grazie per i minuti spesi, ragazze. vedrete che ce la faremo!
e quando sarò una donna soddisfatta verrete elette mie supporter o life coach. s.
Ho resistito. Ho fatto scorrere la pagina fino alla finestra del commento senza leggere perché quando ho aperto un neurone ha funzionato e ha esultato dicendo: che bello ho una cosa figa da leggere sul treno domani mattina.
RispondiElimina:)
RispondiEliminaIo cavolo non ho consigli! Non sono mamma e quando lo sarò mi tratterrò dal darne. In compenso sono maestra e di mamme ne vedo tante. E con la consapevolezza dei propri limiti che esprimi in quello che scrivi ne conosco poche. Io penso che il tuo sia già un punto di partenza. Che poi uno non parta è un altro discorso, ma ognuno ha una storia diversa, un punto di partenza diverso e un diverso momento per partire.
RispondiEliminaMa io sono una maestra, "quella severa", così ho sgamato che mi chiamano alcune mamme della mia assurda scuola!