Se mi devo spiegare è perché ho fallito con lo strumento che sto usando per comunicare.
Ad ogni modo.
Dai commenti a post precedenti sono uscite delle visioni che mi hanno ispirata a spiegare com'è che mi metto qui, sigaretta in bocca, ispirazione e scrivo.
Intanto tutti noi dobbiamo cercare di sforzarci a stare cauti, specie se abbiamo in mano un blog personale. Voglio dire: stiamo riferendo pensieri di fondo, di coscienza, e non dati misurabili tipo Berlusconi fa il bunga bunga per superare il dolore arrecatogli dalla separazione con Veronica.
Questi pensieri di coscienza arrivano qui sui post dopo essere stati maldestramente riassunti. Tra una enunciazione e un'altra ci sono centinaia di retro pensieri e retro esperienze che poi qui non arrivano.
Se no si fa sera.
Ad ogni modo.
Dai commenti a post precedenti sono uscite delle visioni che mi hanno ispirata a spiegare com'è che mi metto qui, sigaretta in bocca, ispirazione e scrivo.
Intanto tutti noi dobbiamo cercare di sforzarci a stare cauti, specie se abbiamo in mano un blog personale. Voglio dire: stiamo riferendo pensieri di fondo, di coscienza, e non dati misurabili tipo Berlusconi fa il bunga bunga per superare il dolore arrecatogli dalla separazione con Veronica.
Questi pensieri di coscienza arrivano qui sui post dopo essere stati maldestramente riassunti. Tra una enunciazione e un'altra ci sono centinaia di retro pensieri e retro esperienze che poi qui non arrivano.
Se no si fa sera.
Potrebbe essere così, quei pensieri apparentemente disconnessi eppur legati da consecutio logica:
dio sono felice, bellissima giornata, guarda un po' l'albero di albicocche quant'è cresciuto, pieno di foglie, caldo ma quest'aria è morbida, adoro sentire il mio corpo, sofia che fa?, avanti mamma non imbrogliare: le codine non gliele fai perché ti stai incominciando a rompere le palle di stare con sofia dopo appena soli cinque minuti, non vedo l'ora di cambiare casa così da non cadere nella trappola viviamo vicini stiamo vicini soffochiamo vicini, già cambiare casa ma come?, siamo bloccati in questa situazione per il momento, sono felice ma devo sistemare la situazione, devo telefonare, ora apro anche quella finestra, che meraviglia: finalmente le cicale, ecco mi chiami mamma con quel tono scherzoso che cerca di mascherare il fatto che mi vuoi mollare sofia che per te dieci minuti sono troppi, dio non la sopporto questa situazione, mi irrita, mi deprime, ora andiamo a casa che preparo il sugo con quei pomodori di Pachino buonissimi, dio ma quant'è paciocca, ora me la mangio.
Ecco e poi vi scrivo che sono irritata e depressa.
Mi etichetto. Nasce l'etichetta, e l'etichetta è l'esemplificazione molesta di un disegno grandioso, di un meraviglioso complesso.
Non so perché qui, ma devo dire in genere quando sono chiamata a discutere, mi faccio seria.
E' che non mi piace affatto cincischiare. Non lo faccio neanche nella vita vera.
Mi piace scavare. E trovare termini portentosi e crudi per farlo, perché nella parole risiede un formidabile fuoco capace di far uscire quello che abbiamo in fondo.
Si chiama maieutica. E in effetti sono una socratica. Agli esami ho sempre riscosso successo non tanto per la quantità di sapere che mostravo quanto per la metodologia che mettevo in atto. L'esame si trasformava sempre in lezione vera e propria. Chiedevo, ribattevo, osavo, pensavo. E uscivano cose nuove e diverse dai contenuti dell'esame. E piaceva. Sono una filosofa e il mio sistema è quello di continua ricerca.
Vuol dire che non discuto delle cose che possiedo e che sono assodate e che non devono essere modificate.
Discuto invece di ciò che mi manca, a un passo dall'evoluzione. Perché ritengo che se noi esseri umani siamo in continua evoluzione, sempre in ricerca, è grazie a quella mancanza congenita che sentiamo continuamente. Per questo siamo grandiosi.
Per cui dietro ai miei lamenti c'è un senso eroico. Mi piace che mi manchino delle cose, che io sia irrequieta, che lotti per andare avanti, se no che avventura sarebbe mai questa vita? Sarei uno zerbino poggiato.
E poi uso questa nudità d'animo perché non mi imbarazzo, sono consapevole di me, sono una nudista e so che il corpo che mostro lo riconoscete tutti voi che lo avete uguale o simile al mio. E mi piace provocare.
E quando tutto questo mi viene a noia cambio.
In pillole la metodologia usata in questo blog.
Bene. Ora arriva il bello.
Il bello è che sono una persona normale, eh?
Non pensate che io stia sempre lì a menarmela.
Io sono un'esistenzialista gaudente. A me vivere non è che piace: mi fa godere proprio. Nel bene e nel male.
E sono certa che tutti capiscano benissimo quello che intendo dire.
E per dimostrare quanto io sia normale ecco:
intanto con Sofia parlo ancora con quella vocina cretina, quella acuta, quella scema che esce con gli animali. E poi la appello in migliaia di nomignoli: la chiamo Nenè, tulipano, chiocciolina, Tinchi-uinchi, titina, Totò (questo suscita il nervosismo tra i più), Cieche, Cecè, Zurigo, Suzuki Planetario (non chiedetemi perché, ché non lo so nemmeno io). Persino Zebedeo.
Mi piace stiracchiarmi, fumarmi la prima sigaretta appena sveglia e trovare il caffè del giorno prima, il sudoku quello diabolico e le tavole logiche; una volta all'anno mi piace giocare a carte e se qualcuno giocasse con me starei ore a Scarabeo (ora Scrubble), ma poi non è vero perché da un po' di tempo dopo dieci minuti che ci gioco mi rompo le palle; mi piace anche dire le parolacce; quando stendo i vestiti li odoro e se non profumano mi incazzo; tanto mi annoia andare a buttare la spazzatura che quando lo faccio mi sento Giovanna d'Arco; quando dobbiamo andare e Sofia indugia adoro prenderla in giro e dirle: "va bene allora ciao, ci vediamo domani eh?" e me ne vado e lei mi segue trafelata. Non sopporto le creme addosso e non metterle mi fa sentire speciale anche se so che un giorno me ne pentirò, allora rarissimamente mi sforzo. Quando mi lavo i denti vado dall'interno all'esterno e dal dentista a stare a bocca aperta mi sento scema. Litigo con mia mamma, continuamente, per qualsiasi cosa e mi fa ridere (a volte) sapere quanto sia sciocco il fatto che per partito preso se per lei è A per me è B e dopo qualche giorno se per me quella B è diventata A per lei stavolta è B. Spesso mi costringo a parlare con mio papà di cose di cui non me ne frega niente fingendo interesse. Adoro, immensamente, quelle volte in cui i miei zii vengono a mangiare dai miei e ci riuniamo. Quando vengo corteggiata, per strada, se lui non mi piace sono cortese, ringrazio il dottore rifiuto e vado avanti; nel caso in cui mi piace sfodero i miei occhi da gatta. Se so che dietro c'è qualcuno che mi sta guardando il sedere mi imbarazzo da morire. Ma a volte, se me la sento, sculetto apposta. Accanto a me e tutt'intorno mentre scrivo ci saranno due quintali di vestiti da stirare. Mi capita di pensare più o meno spesso a quella volta che il Riccio doveva suonare e aspettando sono salita sul palco, ho preso il suo basso, ho suonato due note che mi aveva insegnato e la gente si è avvicinata ad ascoltarmi e avevo le farfalle nello stomaco e ho capito cosa prova il Riccio; le scene di sesso in televisione mi imbarazzano; passo il dito indice sui mobili per verificare a che livello di polvere siamo arrivati; sono talmente educata che a volte mi piace essere volgare; non sopporto le cose vecchie e rotte e le butto e per questo ho dovuto sempre lottare, prima con mio padre, ora con il Riccio; mi annoia cambiare le pile scariche e in genere lo faccio fare agli altri.
Accanto a me e tutt'intorno mentre scrivo ci saranno due quintali di vestiti da stirare. Perciò adesso la smetto.
Più che normale, no?
Mi etichetto. Nasce l'etichetta, e l'etichetta è l'esemplificazione molesta di un disegno grandioso, di un meraviglioso complesso.
Non so perché qui, ma devo dire in genere quando sono chiamata a discutere, mi faccio seria.
E' che non mi piace affatto cincischiare. Non lo faccio neanche nella vita vera.
Mi piace scavare. E trovare termini portentosi e crudi per farlo, perché nella parole risiede un formidabile fuoco capace di far uscire quello che abbiamo in fondo.
Si chiama maieutica. E in effetti sono una socratica. Agli esami ho sempre riscosso successo non tanto per la quantità di sapere che mostravo quanto per la metodologia che mettevo in atto. L'esame si trasformava sempre in lezione vera e propria. Chiedevo, ribattevo, osavo, pensavo. E uscivano cose nuove e diverse dai contenuti dell'esame. E piaceva. Sono una filosofa e il mio sistema è quello di continua ricerca.
Vuol dire che non discuto delle cose che possiedo e che sono assodate e che non devono essere modificate.
Discuto invece di ciò che mi manca, a un passo dall'evoluzione. Perché ritengo che se noi esseri umani siamo in continua evoluzione, sempre in ricerca, è grazie a quella mancanza congenita che sentiamo continuamente. Per questo siamo grandiosi.
Per cui dietro ai miei lamenti c'è un senso eroico. Mi piace che mi manchino delle cose, che io sia irrequieta, che lotti per andare avanti, se no che avventura sarebbe mai questa vita? Sarei uno zerbino poggiato.
E poi uso questa nudità d'animo perché non mi imbarazzo, sono consapevole di me, sono una nudista e so che il corpo che mostro lo riconoscete tutti voi che lo avete uguale o simile al mio. E mi piace provocare.
E quando tutto questo mi viene a noia cambio.
In pillole la metodologia usata in questo blog.
Bene. Ora arriva il bello.
Il bello è che sono una persona normale, eh?
Non pensate che io stia sempre lì a menarmela.
Io sono un'esistenzialista gaudente. A me vivere non è che piace: mi fa godere proprio. Nel bene e nel male.
E sono certa che tutti capiscano benissimo quello che intendo dire.
E per dimostrare quanto io sia normale ecco:
intanto con Sofia parlo ancora con quella vocina cretina, quella acuta, quella scema che esce con gli animali. E poi la appello in migliaia di nomignoli: la chiamo Nenè, tulipano, chiocciolina, Tinchi-uinchi, titina, Totò (questo suscita il nervosismo tra i più), Cieche, Cecè, Zurigo, Suzuki Planetario (non chiedetemi perché, ché non lo so nemmeno io). Persino Zebedeo.
Mi piace stiracchiarmi, fumarmi la prima sigaretta appena sveglia e trovare il caffè del giorno prima, il sudoku quello diabolico e le tavole logiche; una volta all'anno mi piace giocare a carte e se qualcuno giocasse con me starei ore a Scarabeo (ora Scrubble), ma poi non è vero perché da un po' di tempo dopo dieci minuti che ci gioco mi rompo le palle; mi piace anche dire le parolacce; quando stendo i vestiti li odoro e se non profumano mi incazzo; tanto mi annoia andare a buttare la spazzatura che quando lo faccio mi sento Giovanna d'Arco; quando dobbiamo andare e Sofia indugia adoro prenderla in giro e dirle: "va bene allora ciao, ci vediamo domani eh?" e me ne vado e lei mi segue trafelata. Non sopporto le creme addosso e non metterle mi fa sentire speciale anche se so che un giorno me ne pentirò, allora rarissimamente mi sforzo. Quando mi lavo i denti vado dall'interno all'esterno e dal dentista a stare a bocca aperta mi sento scema. Litigo con mia mamma, continuamente, per qualsiasi cosa e mi fa ridere (a volte) sapere quanto sia sciocco il fatto che per partito preso se per lei è A per me è B e dopo qualche giorno se per me quella B è diventata A per lei stavolta è B. Spesso mi costringo a parlare con mio papà di cose di cui non me ne frega niente fingendo interesse. Adoro, immensamente, quelle volte in cui i miei zii vengono a mangiare dai miei e ci riuniamo. Quando vengo corteggiata, per strada, se lui non mi piace sono cortese, ringrazio il dottore rifiuto e vado avanti; nel caso in cui mi piace sfodero i miei occhi da gatta. Se so che dietro c'è qualcuno che mi sta guardando il sedere mi imbarazzo da morire. Ma a volte, se me la sento, sculetto apposta. Accanto a me e tutt'intorno mentre scrivo ci saranno due quintali di vestiti da stirare. Mi capita di pensare più o meno spesso a quella volta che il Riccio doveva suonare e aspettando sono salita sul palco, ho preso il suo basso, ho suonato due note che mi aveva insegnato e la gente si è avvicinata ad ascoltarmi e avevo le farfalle nello stomaco e ho capito cosa prova il Riccio; le scene di sesso in televisione mi imbarazzano; passo il dito indice sui mobili per verificare a che livello di polvere siamo arrivati; sono talmente educata che a volte mi piace essere volgare; non sopporto le cose vecchie e rotte e le butto e per questo ho dovuto sempre lottare, prima con mio padre, ora con il Riccio; mi annoia cambiare le pile scariche e in genere lo faccio fare agli altri.
Accanto a me e tutt'intorno mentre scrivo ci saranno due quintali di vestiti da stirare. Perciò adesso la smetto.
Più che normale, no?