9.6.14

Rotonda

... dovreste immaginarla, poi, mentre pronuncia bisticcio
È la sua rotondità che mi stupisce. 
Se ci fosse una possibilità, anche una sola possibilità, matematica, o poetica, o folle, per oltrepassare il limite della rotondità massima, e dunque in fine della circolarità massima, e attribuire un superlativo, se dopo aver usato migliaia di volte un compasso, dal centro alla circonferenza, dal centro alla circonferenza, dal centro alla circonferenza, migliaia di volte così, dal centro alla circonferenza, e alla fine, dopo migliaia di volte, tra migliaia di cerchi tutti uguali, lo si potesse dire di un cerchio che fosse ancora più circolare, "è il cerchio più circolare del circolare" e dunque in fine più rotondo del rotondo, ecco, lo si direbbe su questa bambina.
È tutta un cruccio mentre dice bisticcio. È il suo cruccio. Per me è un'inezia che non diminuisce di niente la sua rotondità.
Ma chissà. Forse se esistesse, anche un Dio penserebbe lo stesso a guardarci crucciare di inezie.
Come per E., talmente ubriaco da non riconoscere più la differenza tra un whisky e un bicchiere d'acqua, il vomito da un'orzata. Un giorno ha deciso che sarebbe morto annegato di liquidità ma siccome lavorava al porto e sapeva nuotare benissimo gli venne il dubbio che non potesse mica morirne dal di fuori, di liquidità. Decise di farlo dal di dentro. E così è stato.
O come per M. che adesso è felice che il suo corpo un giorno si sia spento, così, spento, non morto ma spento, avete presente quei corpi spenti, no?, che fanno tutto, che fanno tutte le cose della vita, ma in ogni caso sono spenti, avete presente, no? Ecco, era così adesso il corpo di M. sotto quel vecchio puzzolente e bavoso, per fortuna il suo corpo era spento.
Ed L. di cui era scritto che prima o poi avrebbe avuto successo. Lo sapevano tutti, a guardarlo, che un giorno avrebbe avuto successo, tutti lo sapevano leggere quello, era scritto così chiaro che L. avrebbe avuto successo. Il problema però per L., e solo per L., certo, era che dove era scritto che prima o poi avrebbe avuto successo non c'era scritto nulla di più. Nessuna indicazione, nessun consiglio, nemmeno un indovinello, una caccia al tesoro, nulla. Immaginate una cartina geografica bianca, senza terre, senza laghi, senza strada, nulla di nulla, niente di niente, solo città, sparpagliate sul foglio bianco una costellazione di puntini neri, le città appunto, ma senza un senso apparente, senza la base stabile della terra, o anche solo di linee, quanto sono belle le linee, cosa faremmo, dove andremmo se non seguissimo linee? Perciò di L. era scritto che un giorno avrebbe avuto successo, c'era scritto davvero, tutti lo leggevano, ma su una cartina che praticamente era una mappa dell'universo. Alla fine gli venne una vertigine talmente grande che un giorno all'improvviso stabilì che il punto che gli era toccato in sorte fosse la sua poltrona. Aveva ormai quarantacinque anni e già da cinque stava su uno di quei punti a caso di quella mappa.
Così.
Ognuno, insomma, col suo cruccio. Inezie forse per un Dio, se esistesse.

Perciò rimane il fatto che per lei, bisticcio è il suo cruccio. Provo a rassicurarla in qualche modo, a darle soluzioni, ma lei ripete bisticcio così tante volte che ormai mi son persa nella sua rotondità, dovreste immaginarla mentre pronuncia bisticcio, è sempre tutta rotonda, il viso, gli occhi, le guance, il mento, i capelli, le braccia, tutta fino ad arrivare ai piedi, tutta, ma quando pronuncia bisticcio è ancora più rotonda.
Dovreste immaginarla.
Potrei farvela vedere, e voi guardereste ma senza trovarvi rotondità, non più di quella che vedreste sul bordo di una tazzina di caffè, una circonferenza piena e totale, massima, ma senza quel superlativo che vedo io.
Insomma, io dico che è una questione di appartenenza, e solo così potreste capirlo. Quello che ci appartiene, persino il tavolo su cui mangiamo fatto di spigoli, è rotondo, di quella rotondità superlativa che ci fa perdere testa. Non è una questione di forma. Deve essere piuttosto la lente interna con la quale vediamo le forme. Sono rotonde le cose che ci appartengono, le cose che amiamo. Di una rotondità superlativa. Le cose che amiamo sono più rotonde del rotondo.
È così adesso, mentre pronuncia bisticcio.
Mi chiedo poi chi le abbia mai consegnato questa parola. Mica io. Sarà stato certo quel modo tutto virale che abbiamo noi di imparare le cose. Federica l'avrà detto a lei. A Federica l'ha detto Giorgia. A Giorgia l'ha detto Michele, a Michele l'ha detto Lorenzo. Chissà quanto misura la lunghezza della catena che è arrivata a lei. Ma alla fine, o all'inizio, sì all'inizio della catena sono certa ci sarà stato un adulto.
Bisticcio non è una parola che i bambini hanno dentro. I bambini portano dentro parole più belle come acqua, mamma, saltare, patatine, piedi, culo, triste, felice, zucchero, casa.
Bisticcio è una sciocchezza di parola che i bambini non porterebbero mai dentro. Perciò deve essere stato di sicuro un adulto. Soltanto gli adulti possono consegnare ai bambini catene che iniziano con bisticcio.
Ad ogni modo:
"Federica dice che devo volere bene a lei e non a Martina".
"Tu dille che puoi voler bene a tutt'e due".
"E lei fa bisticcio".
... bisticcio...
... bisticcio...
... dovreste immaginarla, poi, mentre pronuncia bisticcio