25.4.11

Considerazioni pasquali, poco pasquali

Hai scelto di stare a casa per curare a tempo pieno la tua primogenita, nonché amore tuo grande, stella del firmamento, luce degli occhi tuoi?

Hai pensato che fosse più importante garantirle presenza costante, costante punto di riferimento e assidua rispondenza alle sue esigenze?

Hai ritenuto più urgente consacrare ogni tuo istante al suo piacere, alla sua crescita emotiva, intellettuale, sociale, musicale, manuale, artistica, morale, educativa, funzionale, ludica, istintuale?

Hai creduto più giusto metter da parte ogni tua ambizione personale in nome di una certa idea, venuta da chissà dove, di maternità perfetta, definita all'occorrenza dai mistici come trascendentale e dalla gente sana come repressiva e punitiva?

Hai portato con te il dubbio, facendolo dominare su ogni altra possibilità, di non saper coniugare tempo lavorativo con cucina sana, passeggiate all'aria aperta e presenzialismo di cure materne?




E allora, anche se oggi è Pasquetta, il 99% della popolazione mondiale è in ferie da qualche parte tra i posti più gradevoli degli spazi aperti a rimpinzarsi festosamente di amichevoli conversazioni, succulente carni alla brace e dolci per l'occasione, e tu, invece, approfittando della presenza del Riccio, a mezzogiorno sei ancora infognata in pigiama a fare le pulizie generali, e probabilmente Sofia ti odia perché non sei lì con lei, tua madre ti odia perché assente nei preparativi del pranzo e forse ti odia pure il Riccio perché quanto di meno ortodosso possa essere un Lunedì di Pasqua,
ti prego, fatti un favore: non ti lamentare. 

22.4.11

Ospiti sgraditi

Sono arrivati quatti quatti, in sordina, senza scampanellii o trombe d'annunciazione.
Si sono infiltrati nascondendosi tra le pieghe quotidiane dell'inserimento al nido prima, dell'influenza, della partenza del Riccio e della dentizione canina poi.
Hanno simulato metereopatie di stagione, costipazioni da raffreddore, indigestioni e suggestioni notturne.
E alla fine, da un paio di giorni, sono usciti allo scoperto, ormai irrimediabilmente radicati tra le quattro mura di casa nostra.

Sofia e urla drammatiche e improvvise.
Sofia che vuole venir in braccio. Urla drammatiche e improvvise. Sofia che vuol scendere. Urla drammatiche e improvvise. Sofia che vuol venir in braccio ma scendere. 
Sofia che vuol fare il bagnetto. Urla drammatiche e improvvise. Sofia che vuole uscire dalla vasca. Urla drammatiche e improvvise. Sofia che vuole ritornare dentro la vasca. Urla drammatiche e improvvise. Sofia che vuole stare sospesa sopra la vasca.
Sofia che non tollera le cuciture della calze. Urla drammatiche e improvvise. Sofia che non tollera stare a piedi scalzi. Urla drammatiche e improvvise. Sofia che vuole i piedi coperti da calze invisibili.
Sofia che vuole il cuginetto. Lotta continua per ogni giocattolo, fosse anche il più inutile tra i giocattoli. Sofia a casa urla drammatiche e improvvise perché rivuole il beneamato cuginetto.
Sofia che non sopporta più la carne, la pasta, la frutta, il formaggio, il latte, il riso, la verdura. Urla drammatiche e improvvise per la fame. Urla drammatiche e improvvise per non mangiare.
Sofia che vuole uscire. Urla drammatiche e improvvise. Sofia che vuol tornare a casa. Urla drammatiche e improvvise. 
Sofia che vuol stare con una scarpa dentro ed una fuori. 




Largamente in anticipo di un mese, sono arrivati i terrible two, gli ospiti più scomodi e indesiderati che una famiglia possa mai ricevere.

21.4.11

Catarsi dello sfogo

Lui mi guarda, mi scruta in fondo, comodo e a suo agio dietro la scrivania, senza moti di impazienza né fretta. Mi ascolta in silenzio, partecipando ai miei monologhi con una mimica facciale reattiva e comunicativa: strabuzza gli occhi, sorride, annuisce. Semmai intercala frasi brevissime, composte, e sempre propedeutiche a che il discorso si alimenti di nuove prospettive o si concluda con delle consapevolezze.

"Vede, Dottore, sono qui perché da qualche giorno mia madre mi taccia per un insensibile e per una madre degenere che non si occupa della salute di sua figlia. E questo mi sta creando forte ansia."
Sgrana gli occhi azzurrissimi, sorride punto e ironico: "Lei? Insensibile?"
La semplice retorica della sua reazione mi provoca subito piacere, mi rassicura all'istante.
"Signora, sono convinto che sua madre non la conosca affatto. Penso che non sappia nemmeno quale sia il suo nome. L'ho capito da subito, due anni fa".
E' una rivelazione, per me. 
In un istante non ho più ansia, né sensi di colpa per eventuali mie diaboliche e congenite pecche.
C'è una donna nel mondo, che poi sarebbe mia mamma, che cerca lo scontro continuo, spesso anche solo comico e goliardico, semplicemente perché l'idea che ha di me fa malamente da filtro su quello che in verità sono. O perché mi chiama con un nome che non mi appartiene.

Da vedere. Da dosare. Da elaborare.
Ma me ne vado con un nodo in meno.





Ogni tre settimane non vedo l'ora di andare a trovarlo.
Nella sua etichetta non appare nessun prefisso psico.
Gli parlo apertamente, con fiducia e naturalezza, trovando a volte difficilissimo trattenere le lacrime di fronte a quello sguardo così profondo e rassicurante.
Tutte le volte è un'esperienza catartica ed esaltante farmi visitare dal pediatra di Sofia.
  

17.4.11

Addii, personali come le mutande

Nelle mie prime notti di mamma in solitaria, mi avete fatto compagnia più di quando il russare sordo e incorruttibile del Riccio non abbia mai fatto.
Mi avete convinta del fatto che le cose non si autogestiscono ma hanno bisogno della mia cura e della mia costanza nella cura perché funzionino davvero.
Vi ho portato nei miei pensieri primi fra tutti perché, ad ogni uscita fuori, la vostra mancanza non costituisse una tragedia.
Presenti sempre, ad ogni ora del giorno e della notte, in ogni luogo di casa e non.
Per ben due anni abbiamo camminato insieme. Avete conosciuto le mie stanchezze, i miei malumori, e le fragilità di questa nostra improvvisata famiglia, muti e fidati testimoni di ciò che in genere si tiene gelosamente privato, ma anche compagni di condivisione di gioie, speranze e rinascite. 
Mi avete sempre sostenuto nelle gelide mattinate invernali perché Sofia sentisse meno freddo, e nelle torride giornate estive, perché avesse refrigerio.
A volte vi ho trascurato, dimenticati in qualche angolo della mia sbadataggine o pigrizia, ma sempre riavervi è stato per me di conforto e sicurezza.
In sostituzione di altri che mi parevano di miglior spessore e fattura, una volta arrivati avete vinto in fedeltà per un anno intero di vostra costante presenza. 

E adesso che è arrivato il momento di mettervi da parte, nell'impossibilità di non potervi mai più richiamare perché personali come le mutande, starete lì, in quel posto della memoria che non si cancella.

Da stanotte, dopo l'imperativo di Sofia "acqua papapapà" è inequivocabilmente e definitivamente così.
Non solo di giorno, ma anche di notte Sofia preferisce bere dal bicchiere dei Barbapapà, gentilmente concessoci dal quel genio di Ferrero.

Addio, biberon,
numero uno, due, tre e quattro, in plastica.
Messi da parte voi, si chiude una stagione.

15.4.11

Déjà vu senza fine

Tutto a terra.
Prendere due casse, una per i giochi, l'altra per i peluches e riempire smistando.
Di nuovo tutto a terra.
E di nuovo riempire le due casse, le costruzioni e le bamboline in una; conigli, cani, pecore e morbidi obbrobi, frutto della fantasia di qualche alienato versione creativo, nell'altra.
Tutto a terra.
Raccogliere scatole, scatoline, scatolette, timbri, formine e ninnoli nella cassa giochi; papere, mucche, giraffe, conigli, ancora conigli, tigri (tre tigri contro tre tigri; trentatrétrentiniandaronoatrentotuttietrentatrétrotterellando) nella cassa peluches.
A terra, scatoline, timbrini, formine, tigri e trentini.
Borracce, xilofono, stampini e pompette gonfia palloncini da un lato; cani e gatti, gatti e topi, topi ed elefanti, e tutta la catena alimentare dall'acaro al re leone dall'altro lato.
A terra. Tutto a terra. Di nuovo tutto meticolosamente, gerarchicamente, diabolicamente a terra. 
Hello Kitty spilletta piccola, Hello Kitty spilletta grande, Kitty adesivi, cerchietto Hello Kitty, Kitty molletta, Kitty borsetta, Kitty varie ed eventuali nella cassa numero uno; tutta l'arca di Noè alla cassa numero due, ripeto, alla cassa numero due.
Che ve lo dico a fa': tutto a terra. Compresi uno di quei rincoglioniti di liocorni.



Vi abbiamo presentato, in diretta da La scia di Sofia, mentre la cacciabombardiera è ancora in azione:
"Mamma riordina vs Sofia a casa con la febbre"



Per l'occasione, si inaugura l'apertura della nuova rubrica "Le scie di Sofia: tutto quello che non avreste mai immaginato potesse essere ammassato in due metri quadrati e più"

14.4.11

La brum della mm ha un psss nella mm-mm

E dopo, in ordine cronologico, la partenza del Riccio per cercar fortuna in altri lidi e prossimo arrivo in questi di lidi di bolletta di luce salatissima per aver sopperito con distribuzione continua di energia elettrica alla sua mancanza, specie notturna; un mese e più di malattia - influenze, gittate brevi e intense di febbri atipiche, gastriti, tachicardie, virus intestinali e commiati finali con herpes, otiti e sfoghi cutanei; tubo del bagno saltato e conseguente allagamento; versamento di un intero flacone di detersivo, provocato da errore di dosaggio delle forze di Sofia, la cui prima mania in assoluto è quella di scagliare dentro la pila qualsiasi cosa possa generare fastidio e scompiglio, tipo flaconi di detersivo, interi; parabrezza disintegrato da anonimi teppisti impavidi e operanti in pieno giorno; esplosione della fogna condominiale nei lavandini della cucina (!!); notturno versamento di nafta dal motorino del vicino parcheggiato nel garage confinante con i muri di casa e notturna intossicazione da fumi chimici; dopo tutto questo, dicevo, ieri, al ritorno dall'asilo, ferma per ore sul ciglio di una strada che, sebbene cittadina, per un tacito accordo da parte di tutti gli automobilisti è stata ribattezzata autodromo, con una gomma implacabilmente a terra.

Sofia urlante e lacrimante urgentemente da cambiare.
Impossibilità di contattare qualcuno per cronica tendenza a dimenticare il telefonino.
Terra e detriti scagliati da vento a 150 km/h.
60 euro.
E una intera città all'ora di punta a guardare una quinta malamente raccolta in maglia stretch fucsia shock (ma sì, dai, tanto chi mi vede chiusa in macchina?)



Si accettano consigli su multivitaminici da prendere
o frasi voodoo contro la sfiga da recitare.

13.4.11

Panic

Un esperimento fa più o meno così.
Si è cercato di misurare l'istinto di sopravvivenza e di rispondenza degli esseri viventi di fronte ad un pericolo o ad una minaccia alla propria incolumità. 
Un cane viene rinchiuso in una gabbia alla quale per metà viene liberata una scossa elettrica.
Il cane corre verso la metà quieta. Tutte le volte. Se a sinistra della gabbia viene mandata la scossa, il cane si rifugia a destra. Se la scossa è a destra, lui va a sinistra. 
Fino a che si è deciso di distribuire la carica all'intera base della gabbia, naturalmente chiusa. 
Il cane ha inizialmente cercato di fuggire, si è ribellato, smanioso, disperato. Ha lottato per un po'. 
Per un po'. Poi si è lasciato vincere da quello che non aveva fine. 
L'esperimento si conclude con l'apertura della gabbia. E il cane adagiato, inerme, rassegnato. 
Di fronte alla possibilità di fuga e di libertà risulta irrimediabilmente vinto. 
L'esperimento dimostra come di fronte ad un prolungato assoggettamento, l'istinto di sopravvivenza e di resistenza di un individuo, tempo e modo adeguato di reazione, prima o poi si spezzino. 
Per assuefazione al dolore

In macchina. In fila. Il caos. Il carnevale quotidiano di forme e di bombardamenti del suono all'ennesima potenza. 
E perché mai non si dovrebbe star male?
Perché mai non si dovrebbe sentir l'aria mancare, la testa esplodere, l'impulso di andare, lesti, andare, andare?
Il suono rappresenta un accadere. Se il suono è forte, l'accaduto è stato grande, come l'esplosione di un qualcosa di infiammabile o il rombo di un aereo. 
Ma qui non c'è rispondenza tra il suono e l'accaduto. Qui non succede niente. Tutto è fermo. Eppure c'è un brulicare feroce di lamiere, di motori, di clacson e motorini che cercano inquieti alternative. Ma tutto continua ad essere mostruosamente fermo. 
Allora la percezione sta leggendo una lingua che non è normativa, è fallace: la logica va in tilt.
Perché mai non dovrebbe esserci disagio?
Perché mai il mio corpo non dovrebbe dare segni di questo squilibrio, di questo baccano della percezione?
Mi guardo attorno. Sembra che il fastidio sia solo mio e di pochi altri. 
Per il resto è un ammasso di rassegnazione. Una signora ha la testa china. Un signore guarda annoiato. Un ragazzo parla di qualcosa con qualcuno.

Se non fossi annichilita da dettami di comportamento, scenderei in strada e li scuoterei tutti, Geeeenteeee, dormite di quale sonno?, richiamare in tutti loro il normale, benefico, naturale senso di fuga. Da qualcosa che non si è voluto


Forse lo chiamerebbero attacco di panico, questo.
Io dico che sono semplicemente ancora viva e mi ribello al fatto che lo spazio vitale sia stato divorato da quintali di lamiera cocente a cui non ho scelto io di partecipare. 
Perciò se ho l'impulso di fuggire è perché sono ancora viva.
Il resto ha la malattia della rassegnazione, dell'essere vinti, che porteranno addosso persino a casa loro. 
Così assuefatti, si riterranno sani, normali.


Non Panic, ma Aria

12.4.11

Soddisfatti o felici

Oltre alla mancanza in generale di padronanza e di sovranità sul mio corpo e sulla mia mente per usufrutto illimitato tendente al monopolio da parte del tiranno ventimesenne Sofia (si pensi in primis alla totale impossibilità - totale, e ripeto ingrassando totale perché alla vostra attenzione venga sottolineato il concetto di modo della totalità - dicevo, alla totale impossibilità, nel caso in cui il tiranno ponga il pollice verso - e si sa quanto per un tiranno il pollice verso contro il gladiatore sia attività di godimento -, di sopperire alle esigenze del corpo nel momento in cui quelle esigenze mi si presentano in modo inequivocabile e perentorio quali igiene primaria, evacuazione delle sostanze di rifiuto, esigenze di riequilibrio delle forze, ovvero rispettivamente doccia - bagno - attività motoria e riposo), una delle cose che hanno contribuito al black out sulla mia persona è la prolungata astinenza dal sopperire alle esigenze dell'intelletto, quali tutto ciò che non ha a che fare con l'attività ludica del tiranno ventimesenne e suo pollice verso.

Niente musica di sottofondo alle mie attività.
A dire il vero nessuna attività.
Nessuna ultima uscita al cinema.
A dire il vero nessuna uscita.
Nessuna conversazione liberatoria di durata illimitata.
A dire il vero nessuna conversazione liberatoria.
Nessuna lettura di ampliamento e perfezionamento dei punti di vista.
A dire il vero nessun punto di vista.

Cosi è.
Inesorabile, no?, questo così è.

Eppure anche dietro il cemento armato dell'inesorabilità tenta di spuntare sempre fuori quel germoglio tipico dell'essere umano che resiste, si aggrappa, usa le unghia, sopravvive nel nome di "a tutti i costi" per quell'ostinato senso di attaccamento alla vita che, nonostante tutti i cementi armati attorno, non si ammutolisce mai.
In breve: di necessità virtù.

Eccola la mia virtù.

Siamo di fronte all'ennesimo video su Sofiatube: questo motivetto lo abbiamo ascoltato centinaia di volte, ma stavolta Google decide in automatico di tradurre il titolo.
Se sei soddisfatto.
Soddisfatto. Non felice. Soddisfatto.
E' una traduzione alla buona, balza all'occhio l'approssimazione del sinonimo.

Ed è quanto di più efficace possa esistere.
Specie per una che non ha ancora neanche lontanamente capito come si fa, si fa, ad esserlo.
Specie per una che ad un certo punto della sua vita ha relegato il fare ad una posizione di inferiorità rispetto alla contemplazione come fosse una distrazione, distrazione da qualcosa di più sostanziale.
Non lo so perché poi, nel mio personale percorso, dalla consapevolezza di non poter reperire soddisfazione dall'acquisto di beni o dallo svago in generale, sia arrivata a concepire quasi tutte le attività come distrazioni, sviamenti da quello che pensavo esistesse e fosse più efficace per la mia soddisfazione (o felicità).
La storia finisce che sono un cazzo confuso.

Perciò la traduzione del motivetto scemo mi riporta all'importanza del fare per essere felici.
Felicità è troppo alto, un concetto enigmatico senza punti di riferimento.
Soddisfazione è più pratico, dice fai, tanto, satis (assai, da cui deriva sazio o sazietà) + facere.
Soddisfazione non ha nulla a che fare con contemplazioni amorfe di individui come me che si atteggiano ad anime del cosmo: soddisfazione è più umano, più umile, se vogliamo più infantile.
E i bambini, nel loro unico intento a fare, non sono forse felici?





Il gladiatore vuole essere soddisfatto.

Doccia, bagno, attività motoria nel momento in cui la necessità dello stato animale si presenta,
immagino sarebbe un buon inizio. 



(avere accesso alla bacheca di Blogger piuttosto che a www.disney.it, pure)