Catania non è una città pianeggiante. A parte il centro storico a livello del mare, il resto è un succedersi di salite e discese, salite e discese, discese e salite e, in base ai punti di vista, più salite che discese.
Per questo motivo Catania non verrà mai investita né dalla buona abitudine di muoversi in bicicletta né dagli tsunami. A parte il centro storico che però risponde ad un esiguo 5% della città totale.
E' in questo contesto che avvengono le mie passeggiate con Sofia.
Sofia si muove su mamma soma.
A limite si concede una sgranchita lunga quattro passi, una-due-tre-quattro, e poi ritorna su. Su mamma soma.
Inizia a protendere prepotentemente e senza possibilità di replica le braccia già durante la vestizione per l'uscita.
"Aspetta, Sofia, non vedi che mi sto mettendo il cappotto?"
Continua mentre preparo la borsa.
"Aspetta, Sofia, devo prendere le chiavi"
Braccia protese ancor prima di chiudere la porta di casa.
"Fammi prima chiudere, Sofia".
A quel punto, da casa fino all'auto, chiederle di aspettare di salire in macchina risulta una barzelletta, un modo maldestro e ridicolo di defilarmi, una demenza senza alcuna ragione che lei, ovvio, non beve mai.
E inizia la via crucis.