Supermercato. Arrivo alla cassa.
Il cassiere è spazientito. È probabile che la storia vada avanti già da un po': "... allora, Signora, si decida! Cosa lascia?".
Guardo sul banco, lei che guarda in giù e pesta il labbro, e non faccio fatica a capire il perché dello stallo.
In effetti a volte è difficile dover scegliere tra un sacco di patate e una merendina al cioccolato.
Il sacco di patate sfama una famiglia intera, ma quella merendina sfama tutto quell'altro genere di fame che adesso è negli occhi del suo bimbo, mentre aspetta silenzioso.
Aspettiamo tutti.
Noi dietro, lei, la mamma, avanti, in vista, assolutamente nuda.
Noi dietro, lei, la mamma, avanti, in vista, assolutamente nuda.
L'equità della fila, il rispetto del turno, non mi è mai sembrato tanto ingiusto nei confronti del pudore.
Chissà se quelli in fila con me abbiano pensato allo stesso mio modo "intervengo... o forse è meglio di no...", chissà se il prevalere del "o forse è meglio di no" li abbia fatti sentire meschini e impotenti come mi son sentita io, chissà se tutti abbiamo sperato allo stesso modo in un lieto fine, con il bimbo sporco di cioccolata e le patate abbandonate lì.
Oppure se abbiamo sperato tutti di vedere il bimbo sbraitare ossesso, capriccioso e molesto, pur di non vederlo così, silenzioso.
Chissà, se a vederli uscire chini e stanchi, quelli in fila con me abbiano sentito una specie di senso di colpa uguale al mio.
Dite patetico? Non ditelo.
Non ditelo se non conoscete la storia. Non ditelo se non avete mai provato il dolore di non avere più nessuna carta da giocare.