10.10.11

X Tu sei qui

Potreste trovare qualsiasi oggetto di casa in qualsiasi posto della casa.

Insomma, avrete tutti già guardato l'ultimo spot della nota azienda di telefonia dove c'è questo bimbo imbizzarrito in casa che fa della casa l'ultimo avamposto di un assedio.
E certamente avrete risposto a livello emotivo esattamente nel modo in cui i creatori dello spot si aspettavano lanciando una provocazione di tal genere, ovvero "anche mio figlio!!!..."
E ancora, vi sarete sentiti non poco sollevati da qualche mala responsabilità nell'educazione da voi impartita e spesso messa in dubbio quando, con quel senso di immedesimazione e di condivisione ispirata dallo spot, vi sarete crogiolati nel mal comune...
No, perché io l'ho fatto. L'ho fatto eccome.
Ho dovuto.
Da quando Sofia ha preso dimestichezza con l'interazione corpo\mani-oggetti ogni centimetro di casa è uno strambo ricettacolo di materia.
In questo momento c'è una baby tastiera musicale sulla cassapanca della mia stanza da letto con sopra elastici, collane, Pluto e un bicchiere in plastica messo in scrupoloso equilibrio; cacciaviti, viti e controviti reperiti da un lavoro di manutenzione del Riccio conficcati dentro lo spazio tra il forno e il piano cottura. Volendo, nel toglierli, ho trovato colori a cera semi disciolti, risolidificati e mostruosamente attaccati alla lamiera.
Non c'è limite alle sue possibilità di collocamento degli oggetti negli anfratti e non di casa.
Aprite un cassetto adesso qui da me. Qualsiasi.

Troverete certamente qualcosa. Qualsiasi.
Pensate che ormai il divano è ufficialmente designato come ripostiglio. "Amore, hai mica visto il mio spazzolino da denti?" "Non so, vedi nel ripostiglio". E sì, eccolo incastrato tra il bracciolo e la seduta, assieme a tappi pericolosamente privati dei loro colori, poi quest'ultimi trovati dentro il fustino del detersivo in polvere, teste di barbie e varie cianfrusaglie che nemmeno il mercatino delle pulci domenicale.
E il bidet, il fondo del tubo del bidet, è il mio nuovissimo porta-gioielli.

All'inizio per me è stato frustrante. Dico, non riuscire ad arginare questo putiferio.
E col sottofondo del Riccio al suon di "come può uno scoglio arginare il mare", per un anno me ne sono andata in giro per casa annaspando, togliendo, nettando, imprecando come fosse possibile che una bimba alta un tappo potesse fare per cento e una donna rimanesse sempre e comunque una.


C'è però che adesso, all'apice del manierismo compulsivo di Sofia di smistare, mi viene in mente di quanto questa sia un sua meravigliosa manifestazione di presenza.
Se entri a casa non puoi sbagliare: Sofia c'è.
Sofia è ovunque.
Soprattutto quando non è a casa, tutto quello che ha lasciato seminato in giro si carica di una forza immaginativa incredibile.
Credo che per i bimbi questo sia un loro modo di dire con forza e libertà: io sono qui.

Come quel pomeriggio di qualche mese fa con la mia amica, passato a ridere come rane per tutto il tempo, con gli ombelichi e i nasi all'insù, a raccontarci le nostre storie di donne, mentre una birra divisa in due ci faceva sciogliere la pancia e Sofia ci tirava addosso le mollette, e dopo quanto sia stato bello trovare sul tavolo accanto alle tazzine del caffè la sua lista delle cose da fare assieme al compagno, sciocchezze e grandi cose, come medicare una ferita e ridere di gusto scritta su un foglio con quella sua calligrafia che amo tanto e che riconoscerei anche da cieca.
Quel foglio lasciato diceva che lei era stata qui, eravamo state assieme, a ridere con gli ombelichi all'insù.

Sarebbe liberatorio, e sconcertante, e rivoluzionario, se anche noi adulti avessimo questa stessa infantile spregiudicatezza nell'affermare la nostra presenza.
Se la smettessimo di contare i centimetri di spazio vitale da non oltrepassare, se la smettessimo di abbassare la voce, centellinare le parole, ingombrare il meno possibile, stare seduti a gambe serrate, non lasciare nessun segno, nessun ricordo, essere trasparenti in nome dell'educazione, di una ecologia dei modi e delle relazioni o di non so quale altro limite culturale assimilato; se la smettessimo di avere paura di invadere e di essere invasi e piuttosto la pensassimo non come una invasione di campo ma come una stretta di mano vigorosa e godereccia, di quelle che poi la mano ti pulsa ancora un po', ecco forse saremmo tutti meno nevrotici. E meno fantasmi a noi stessi.
Come i bimbi.
O come i pazzi che salutano per strada.
O come quelli che lasciano sulla tavola la lista delle cose da fare insieme, medicare le ferite e ridere di gusto.


Nel frattempo quello che qualche tempo fa avevo timidamente annunciato di fare diventa oggi fatto.
Va in onda Le scie di Sofia: tutto quello che non avreste mai immaginato potesse essere ammassato...



Perché le scie che lascia disseminate nel suo territorio sono bellissime. A volte geniali in creatività.
E mi fanno ricordare che anch'io ho voglia di lasciarne un po'.

6 commenti:

  1. succede la stessa identica cosa anche da noi! ieri facevo fisioterapia sul divano e spostando i cuscino improvvisamente mi sono ritrovata in un garage in miniatura...
    perchè i bambini lasciano il segno e rendono gli spazi di casa, anche quelli più impensabili, estremamente vivi e vissuti.

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  2. :)
    fisioterapia e garage in miniatura: bellissima accoppiata :)

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  3. "se la smettessimo di... stare seduti a gambe serrate... essere trasparenti in nome dell'educazione, di una ecologia dei modi e delle relazioni...": bellissimo quel paragrafo. Sì, sarebbe davvero rivoluzionario... e mi divertirebbe un mondo! Non misurare le parole e i gesti per paura del contraccolpo... dici che con un pupo al seguito se pò fa??? Ciao
    (se trovi un mio commento eliminato, scusa, qualcuno di molto piccolo chiedeva attenzioni e ho premuto per sbaglio...)

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  4. se se pò fa!!!???!
    se deve fa!!!!!! :)
    loro ce lo insegnano, o ricordano, e noi dovremmo poi provare loro che è giusto così. sano.
    dovrei aggiungere "certo dosando e misurando quel loro modo di straripare e spesso invadere"
    ma vedo che ritorno al punto di partenza e perciò non lo aggiungo.
    :)

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