24.4.12

Sfidare il presente ovvero "Full metal Jacket"

"Complimenti! L'azienda ha ricevuto la sua candidatura."

Complimenti un paio di zebedei! 
Sono la seicentosettantaquattresima candidata disperata per numero di posti vacanti sei. 
Perché quello che mi infastidisce davvero non è poi tanto il numero vergognosamente in eccesso rispetto al più piccolo che non sta nemmeno se gli applichi la formula della relatività, nemmeno se gli togli il vuoto, lo impacchetti per bene e lo spedisci a Bangkok per direttissima. Quello che mi infastidisce è l'enfasi del punto esclamativo in allegato al complimenti.
Complimenti! Lei è uno sfigato. Punto esclamativo.

Va bene, lo so.
La verità è che a volte si arriva ad essere come dei vecchi arteriosclerotici cui girano le palle anche solo per degli spifferi.

C'è che non sempre si riesce a tenere alto il morale, il sorriso stampato di chi non cede.
È tipico di chi ha spedito il curriculum fin su all'Himalaya e ancora non riesce a pagare le bollette. Tipico di chi ha telefonato fin dove parlano il turco e alla fine si rende conto che le ricariche, il loro costo, sono un vuoto a perdere.
È tipico di chi sente un esubero ancora prima di avere avuto il posto da occupare come esubero.


Ed è così che il talento da coltivare diventa un senso di colpa anche solo a pensarlo, una velleità come per chi ha ancora il tempo di cimentarsi con i rebus della settimana enigmistica.
Chi non paga le bollette non può permettersi di fare i rebus. Questo è un fatto.
Chi è all'affannosa ricerca di un sostentamento basilare non può permettersi di badare al talento. Questo è un fatto.
E alla fine si spegne. Un fatto, sì.
Perché un uomo costretto a confrontarsi quotidianamente con colloqui fasulli, tarocchi, scempiaggini negli annunci, lavori ripagati con due spiccioli buttati a terra, alla fine, abbiate pazienza, si spegne.


E mentre le carrozze dorate girano ancora indisturbate per strada, le multinazionali crescono senza che nulla nemmeno le sfiori, i politicanti si siedono sulle poltrone a discutere affannosamente e appassionatamente della questione (loro sì che hanno ancora il tempo di fare i rebus), ecco, io mi chiedo quanto ancora possa reggere una società fatta di uomini spenti, di zombie umani? Mi chiedo quanto ancora possa girare indisturbata su carrozze dorate?

Ogni tanto mi spengo.

Ma poi c'è questo scricciolo che mi gira intorno e ha tutto il diritto di fare la ballerina, di suonare il piano, di fare nuoto, di avere ai piedi le Lelly Kelly rosa con gli strass che, gusto coraggioso, le piacciono tanto.
Questo scricciolo che ha tutto il sacrosanto diritto, a tre anni, di coltivare i suoi talenti e non vederseli morire.

E allora mi riprendo. Mi ristampo in faccia questo sorriso sciocco. Non mollo.
Se l'Himalaya non mi vuole vado su Marte.
... ma sono viva e non ho più paura.
Sfidare il presente, insomma.


Sì, però, dio che fatica.

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