15.6.13

Storia di vette

Credo sia l'effetto che fa leggere quattro libri in sette giorni.
Specie se non lo fai da molto tempo, da quando un giorno da qualche parte della tua vita ti sei detta che non potevi farlo più.
Quattro libri, centinaia di microstorie in ognuno di loro. Le quattro storie principali che salgono ciascuna la loro vetta e che non si smontano mai, non precipitano mai, semmai vengono scavate da centinaia di lingue di storie minori, e in quelle vette trovano l'umido di cui vivono.
Credo sia questo l'effetto, che mi fa vivere questi sette giorni di frasi impastate, è di una storia, no era l'altra, l'altro libro, era lui che lo diceva, no era lei, quella che apriva l'ombelico e le cosce,
e la porta che apriva era una, una sola.
Credo sia questo l'effetto che mi fa perdere qualche chilo addosso, quello che premeva di uscire da dentro esce ad ogni frase che leggo, che mi fa togliere i peli, mi fa vestire al contrario, rispetto alla mia vita di sempre, al contrario, di giorno bianca, il colore che non mi è mai appartenuto, di notte nera, una sottana nuda di seta, nera pesta di quel colore che ho sempre indossato per attutire certe luci indecenti del giorno, forse, chi lo sa.
L'effetto di sentirmi smarrita se risalgo alle cose di ogni giorno, se non ritorno a bermi le parole, quelle che ho soffocato nei miei tentativi di avere una vita normale, un lavoro, un affitto, una bimba a scuola, la recita, le camicie di lui, la polvere a terra, la casa pulita e ordinata, lei che salta sul letto, noi che ridiamo felici, davvero, eppure non basta,
non basta mai.
Dopo qualche giorno scopro che non sono le parole a tirarmi in su sulle vette, sono le storie.
E al primo libro scopro che è così che potrei raccontarle le mie.
Al secondo è invece così che potrei farlo.
Al terzo. Al quarto.
Alla fine capisco che non è poi il modo, come un calcolo dell'intelletto che operando sottrazioni e addizioni di parole partorisce, quanto molto più sensualmente questo loro saper pulsare dentro che mi fa tornare la fame di storie.
E l'effetto di impiastricciarmene tutta è quello di volerle vivere davvero, crederci, credere che si possa vivere con qualche banana e una topaia se la follia di questo vivere la sai chiamare con un un nome che assomiglia a ragione e bellezza;
credere che in America, quella a sud, povera, derelitta, e bellissima come la più annacquata delle puttane in un bordello, possa ritrovarti, povera, derelitta e bellissima.
Annacquata.
Leggere quattro libri in sette giorni mi fa sentire annacquata.
Ho ancora addosso la sottana nera e mi viene in mente che qualche ora fa, un secolo fa, stamattina Sofia mi ha detto che sono bellissima.
Eppure adesso non è qui.
Annacquata.
Mi rendo conto che in questi giorni lei non è stata qua. Ha mordicchiato precipitosa, annoiata ed educata le nostre cose in questa nostra casa, ma per il resto del tempo è stata da mia madre. 
Non mi riconosce più.
Annacquata.
All'improvviso so che devo togliermi la seta di dosso dalla sera, il bianco del giorno. 
Mi infilo i vestiti che lei mi riconosce, un jeans, una maglietta nera.
Esco così, all'ora di pranzo, col sole indecente e il nero addosso di nuovo. Vado a prendermela.
Che si fotta l'umido, la seta, le vette, le parole, le storie, le banane, il bianco. Che si fotta l'America.
Io ritorno alla mia vita.
Io voglio Sofia.

1 commenti:

  1. Fino a ieri ero arenata da almeno due mesi (non scherzo eh) su un libro che non scorreva, che non mi faceva venir voglia di mollare tutto e mettermi lì a leggerlo. Poi sei arrivata tu e i tuoi quattro libri in sette giorni. E mi sono detta 'ok, basta, cambio libro'. Ieri sera ho iniziato 'Vita' di M. Mazzucco. Sarà quello giusto?

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