4.1.12

Abitabile come un salone di Versailles

"Sofia, torniamo a casa?"
"No"

La cucina dei genitori del Riccio, lì al paese del Riccio, è un rettangolo di due metri per tre. Togliendo la cucina componibile, il frigo, una sedia e un porta-frutta, una bacinella turchese sempre presente in un angolo a terra in cucina, a volte un'altra sedia, la scopa e una confezione di acqua minerale, di spazio vivo calpestabile ne rimane un paio di metri quadrati scarsi. Scarsi. Davvero un nulla se a calpestarli sono quattro famiglie, dieci persone, di cui nove adulti e una bimba di due anni in preda alle smanie distruttive del diavolo della Tasmania, a volte un cane, eccitato dalle suddette smanie, altre volte amici, amici stretti, amici lontani, amici di amici, vicini di casa, tutti insieme contemporaneamente. Stipati come capretti, a darci pacche involontarie, permesso e scusate detti da ognuno di noi decine di volte, un andirivieni scomposto e una maniera genere cubo di Rubik per addensarci tutti al meglio in quei due metri quadrati scarsi.

"Sofia, torniamo a casa?"
"No"

E in questo stare stipati, la temperatura di calore portata ai livelli di un agosto all'Equatore da tutti i fornelli accesi più il forno, ché sfamare decine di bocche ha bisogno di una superficie di cottura piuttosto estesa, è facile che le conversazioni tocchino non più che qualche sciocchezza: il problema delle brande per una casa in notturna affollata, le lenzuola con gli angoli da scovare, il racconto nostalgico di quando si era giovani, parenti in Argentina, gli incidenti diplomatici tipici dei giorni di festa, gli ingredienti di una ricetta, la descrizione dettaglio per dettaglio di gente che non vedrò mai. Sciocchezze che ascolto in silenzio con gli occhi sgranati, a volte sognando di quando il rettangolo due metri per tre rimarrà per qualche minuto al giorno miracolosamente svuotato e, con gli occhi abituati alla grande concentrazione, mi sembrerà enorme e aperto come un salone di Versailles. Gli scherzi della relatività.
 
"Sofia, torniamo a casa?"
"No"

E su una di quelle sedie ogni giorno puntuale si viene a sedere una vecchia quasi centenaria. Porta le caramelle a Sofia. E' incredibile com'è che in città siamo tutti così giovani. Nessun anziano arriva ad essere così piegato, rattrappito, prosciugato quanto lei. Sarà forse questa corsa agli elisir che nascondono le crepe oppure il fatto che quando l'elisir non l'hanno preso si nascondono nelle case o negli ospizi. Sarà comunque un fatto di nascondimento per i centenari in città. Qui invece ce ne sono moltissimi, tutti fuori con i cappelli.
E una si siede qui a parlare fitto fitto e incomprensibile. Ma tanto alla fine si capisce lo stesso. Sofia quando la vede, urla e si nasconde. C'ha paura di questa vecchia befana che sghignazza con un solo dente, le ossa tutte di fuori e i porri sul viso. Sofia urla e si nasconde dietro le mie gambe. Qui è come dovrebbe essere: sono i bambini a nascondersi. La vecchia ride e le regala le caramelle.

"Sofia, torniamo a casa?"
"No"

Davvero. E come si fa a tornare a casa, cento metri quadrati divisi in due, ordinata, silenziosa, senza sedie, sciocchezze e bacinelle turchesi? 
Come si fa a tornare quando sul tutti insieme contemporaneamente ci fanno pure i film?  

5 commenti:

  1. sono rimasta incantata dalle tue magiche parole
    mi piace questo mondo
    continuo a girovagare tuffandomi tra le righe di queste storie
    un bacione

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  2. :)
    sono appena tornata. tornare è sempre bello.
    ma ieri chiudere la parentesi con voi (con te) è stato perfetto.
    bacio

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  3. cavoli, se me lo dicevi venivamo anche noi 5. tanto c'era posto, no?

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  4. dopo il nostro imminente passaggio, quella casa non sarà più ordinata e silenziosa, con o senza canne da pesca...
    p.s. sei ufficialmente invitata nel nostro albergo nel caso tu voglia salvaguardare l'habitat
    ;)
    m.

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