3.4.12

Come un'amazzone sull'onda

Io credo che dovremmo smetterla di usare questo caspita di pensiero positivo, o post moderno, o dello sviluppo, o quant'altro di robaccia simil, mmmm... non so, capitalista. Insomma questo modo di pensare sempre spinto in avanti, sempre spostando più in là gli obiettivi, sempre ridefinendo il limite, anzi superandolo continuamente, non mi sembra ci abbia sempre portato bene.
Avanti, avanti, avanti, andiam, andiam, andiam, ancora, ancora, ancora.
Non fermarsi mai. A tutti i costi.
Che poi, ma quanti son alti alla fine sti costi, no?
Questo genere di pensiero così schizzato in avanti mi fa pensare a quando lavoravo all'aereoporto vendendo carte di credito. La prima settimana cinque carte di credito andavano bene, due settimane dopo dieci andavano bene. Tutti ci arricchivamo. Guadagnavo benissimo, e figuriamoci se nella catena di montaggio della vendita quelli sopra di me non lo facevano, non ci guadagnavano, se io ci guadagnavo. Poi mi son fermata a dieci. Dieci. Una settimana prima dieci andava benissimo. Sette giorni dopo era diventato un numero di merda.
Cresci, cresci, cresci, aumenta, aumenta, aumenta.
Ma all'improvviso quale specie di prurito demoniaco t'è venuto se sette giorni fa ti arricchivi benissimo e ora non ti basta più? E quindi secondo te tra un mese dovrei vendere in quattro ore cento carte? E dove li trovo in una botta sola tutti sti idioti?
Io ero più che convinta, e lo sono ancora, che esiste solo una piccola percentuale di idioti, giusto quella che serve a confermare la regola che l'essere umano è un essere intelligente. Per cui, di conseguenza, nella vendita di ste carte di credito, ero più che convinta che dieci o venti, toh, delle mie carte più quelle dei miei colleghi avrebbero più che coperto giornalmente quella percentuale che serviva a sfamare le fauci dell'azienda.
E invece no.
Evidentemente il mio numero percentuale non corrispondeva al loro.

La logica del "sempre di più" e del "non fermarsi mai" mi fa venire in mente anche tutti quei prodotti che all'origine, per la loro grandezza e funzione, sono diventati prodotti cult nella nostra vita, prodotti a cui non possiamo rinunciare per la loro forza di essersi radicati nel nostro quotidiano.
Metti le sottillette. Sbrodolano, bruciano, sanno di tutto meno che di formaggio, la genericità del loro gusto è nota a tutti. Ma chi non ce le ha? Chi non le usa? Pochi mi sa. E per brevi periodi culinari. Alla fine le compri.
Ecco, se questi prodotti, così come nascono, producono così tanto da essere quotati in borsa, mica robetta, perché ad un certo punto si devono diversificare? A cubetti, più grosse, più sottili, a forma di cuore, più cremosi, più duri, più turgidi, a metà tra cremoso e turgido, al gusto di (n possibilità), rosse, nere, gialle, verdi, piccole per essere portate comodamente in borsa (questa alla fine arriva sempre).
E così fino all'infinito. Senza un limite all'idiozia.

Ma noi mica siam sottilette.
Eppure ci comportiamo così con noi stessi: siamo come aziende bramose e fagocitanti che riducono lo spirito a delle sottilette da produrre e vendere e produrre e vendere e...


Io mi son fermata.
Una febbre. Basta poco.
Ho ridotto all'osso pensieri, attività, aspettative, ché con quaranta di febbre non è che puoi tanto star lì a far i logaritmi. E mi son fermata.
E poi sono andata al mare.
Guardate che dopo il digiuno esistenziale il mare è qualcosa di scioccante, strepitoso, un'orgia sensitiva.
Io poi, abbiate pazienza, sono una che pensa che il mare sia l'inizio e la fine di tutto. Spiegarlo è impossibile come spiegare cosa sia il dolce. Caccia lo zucchero in bocca e lo saprai.
Vai al mare e lo saprai. Ed è bello sapere che c'è la possibilità di essere felici. Stare sull'onda. Sapere che ha un movimento, quello e basta, senza sconti, e abbandonarsi a quel movimento è tutto quello che possiamo fare per essere felici.
Niente onda, onda, fine dell'onda, niente onda, onda, fine dell'onda.

E poi pensavo che da bambina mi sembrava mi tremassero le mani e andavo da mio padre a chiedere con un po' di ansia: "Cos'è?" E lui mi rispondeva: "Niente: è la vita".
E ieri al mare mi guardavo le mani ed ero felice.




Stavolta non ho immagini da darvi di questo mio mare. 
Se però vi guardate un attimo dentro sicuramente qualcosa di molto simile lo troverete. 

14 commenti:

  1. "vena cca che te devo magnà!". è siciliano? ma neanche lontanamente. è romano? forse una sillaba e mezza.
    no: è la mia personalissima stupideria che mi piglia quando gioco con Sofia. e poi lei scappa a metà tra il divertito e lo spaventato.
    dunque,
    "vena cca che te devo magnà!"

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  2. "il mare ha sempre 20 anni"
    mi diceva sempre un ragazzo nato al mare.
    nel senso che è sempre turbolento e sempre giovane e insomma capito no. pericoloso e bello come un ventenne.
    mi pare una cosa bellissima. me l'hai fatta ricordare.

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    1. ma guarda che cosa non si impara. e io che l'ho sempre pensato antico. la prossima volta lo guardo pensandolo ventenne.
      e vediamo l'effetto che fa.
      è una cosa bellissima sì.

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  3. il mare dentro, è sempre una risorsa...ciao veronica ti lascio iun saluto!

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    1. bella Leuco, tu sai quanto me del mare, vero?
      bacio.

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