18.11.13

L'orrore sotto casa

Sono circa le 23:30 di stanotte.
È una serata qualunque in una città qualunque. 
Sentiamo un tonfo. E in una serata qualunque di una città qualunque è facile associare un tonfo al solito gesto balordo di fine giornata, magari dei soliti due scriteriati che non hanno di meglio da fare nelle loro vite che molestare i cassonetti della spazzatura.
In una serata qualunque di una città qualunque non ti viene in mente che proprio sotto casa tua stia avvenendo l'orrore.
L'orrore è sempre qualcosa di lontano, proviene dai resoconti delle cronache dei giornali che guardi distrattamente mentre il tempo quotidiano scivola indisturbato. L'orrore è una brutta favola che a volte si inventa qualcuno per una sorta di senso del macabro, perché il tempo quotidiano di ognuno di noi venga strattonato, così, per gioco.
L'orrore insomma non ci appartiene.
C'è un secondo tonfo.
Sto addormentando Sofia e sento il Riccio correre, telefonare a qualcuno, non sento a chi, è già fuori di nuovo che corre.
Mi alzo, apro la porta di fuori, dal giardinetto vedo fuoco. Un fuoco diverso, quasi bianco, feroce, penso alle nostre macchine parcheggiate proprio lì, dove qualcosa sta bruciando. Non mollo Sofia, sento una, poi due, poi tre sirene, vigili del fuoco, certo, ma quanti ne sento? 
In pochi secondi più niente. Dal giardinetto vedo un fumo bianco, altissimo, poi più niente.
Do a Sofia un succo di frutta, indosso una giacca, comincio ad uscire. Vedo i miei, mio padre e mia madre parlare con la polizia, ma quanti sono? C'è ogni sorta di forza dell'ordine, tutti i colori, le insegne, tutti raggruppati in pochi metri quadrati. 
Il Riccio mi blocca. Mi chiede di andare via. Ma i miei genitori sono lì, voglio andare da loro, devo capire. Dopotutto da quello che riesco a vedere è solo una fottutissima macchina carbonizzata. Solo una fottutissima macchina carbonizzata.
E poi l'orrore.
L'orrore vero.
Quello che doveva essere lontano, quello dei giornali, quello inventato dal cavaliere macabro.
Però stavolta è vero.
C'è qualcuno lì. Un corpo. È lì.
Davvero, è lì.
A pochi metri, a pochi metri da noi, a pochi metri dai miei che vengono ripetutamente interrogati, a pochi metri dalle nostre macchine parcheggiate, a pochi metri da Sofia che beve il suo succo di frutta.
Stavolta l'orrore è a pochi metri.
Capirò confusamente che mia madre è stata la prima da casa sua a vedere le fiamme, è stata la prima a vedere un corpo in fiamme che si agitava, che i vicini hanno sentito mia madre urlare, che mio padre ha preso un secchio e ha cercato di fare qualcosa, di fare qualcosa con un secchio, un vecchio eroe con un secchio, di spegnere il fuoco su quel corpo, che il Riccio ancora prima di scoprire l'orrore vedendolo col secchio ha cercato di fermarlo, che i tonfi che sentivo erano pneumatici che esplodevano, che alcuni vicini son scesi in pigiama, altri si godevano lo spettacolo da lontano, altri non si sono nemmeno alzati dal letto, che mia madre si dava botte per non essere riuscita a salvarlo, che mio padre tremava, che qualcuno ipotizzava un regolamento di conti, che ha iniziato a piovere, che la strada era piena di macchine, di sirene, di uomini e donne in divisa, che fumavano, parlavano, stavano lì, sul corpo, si stringevano la mano, ridevano, telefonavano, camminavano, scrivevano, facevano vita addosso alla morte.
E alla fine lo capisci presto, in pochi minuti, che c'è un orrore dentro l'orrore: che per quanto possa essere osceno, per chiunque, per chi ha l'arma, per chi ha la divisa e per chi non ce l'ha, per tutti noi, alla fine all'orrore, anche il più osceno, ci si abitua. Per lo meno con gli occhi.

Stamattina si sa il nome, si sa chi è, si sa molto probabilmente il perché. I giornali lo chiamano fine di un amore, cuore infranto, motivi sentimentali. 
Ma lo sappiamo tutti che l'orrore non ha nessuna motivazione.
È rimasto lì, una macchia sull'asfalto.
A pochi metri da casa nostra è rimasta una macchia sull'asfalto.
C'è un andirivieni di giornalisti, di specialisti, ma soprattutto di amici e parenti che se ne stanno lì, a guardare una macchia sull'asfalto.
Che motivazione si può dare a questo.

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