24.9.15

La fame non ha stelle

Oggi è quel caldo indispettito di Settembre che all'ora di pranzo scalcia ancora un po' per farsi spazio tra i primi freschi. I pescatori sulla strada fanno aria sui banchi e cacciano le mosche usando il piatto della bilancia.
Sono cinque o più messi in fila, uno dietro l'altro, e tutti usano lo stesso ventaglio d'alluminio. Portano ancora gli stivali di gomma nonostante il mezzogiorno e forse non li toglieranno se non per riposare prima della prossima pesca. È che quando son qui a cacciar via le mosche hanno fame di tornar in mare, e poi una volta lì, hanno fame della terra.
Guardandola la riconosco quella fame, o destino delle nostre piccole vite, che scalcia dai primissimi anni di vita e che pur riempiendo la pancia non s'acquieta mai, pur stando lì, ma in una zona che ha il destino di rimanere affamata e di non arrivare mai a far la digestione. 
Per questo rimaniamo radicati a ciò a cui siamo destinati. Perché è raro, anche se talvolta accade, che una focaccia tra i denti la possa sedare.
La mia fame ha dentro le parole, e in questi giorni divoro qualsiasi cosa che le porti addosso. 
Ci sono libri ovunque a casa. Aperti, chiusi col segnalibro che sporge, stropicciati nell'ultima pagina letta, lasciati sui divani, sull'asse da stiro, sul tavolo in cucina, tra un fare e disfare i pranzi e le cene, mischiati a una vita.
È come se le parole mi mancassero e dovessi stare lì ogni volta a scovarle sulla carta. 
Ma ora so che è tutto il contrario. Ho un ingorgo di parole che mi tocca dipanare gentilmente con questa sorta di spazzole, di sentieri già depurati da foglie e sassi. 
Sono ingorghi di buste della spesa che tagliano sulle dita, di concerti notturni, di Sofia e quella bellezza delle cose di scuola che capirà solo quando ne avrà nostalgia, di persone là fuori che ridono sguaiate e camminano di rabbia, calpestando, nonostante a terra rimanga ancora erba fresca, di mio padre che all'improvviso si è fatto vecchio, di rubinetti che si otturano, di domande di ogni giorno, hai preso le chiavi?, dov'è la maglietta?, il cane ha mangiato?, inezie che cuciono una vita a punti stretti.
È così tanta vita, tanto amore mai sentito, così veloce e tutto in una volta, che me ne rimango stupita e muta, seduta come a un tavolino e tutto attorno dentro al bar lo spettacolo dell'andirivieni. 
Ma le parole non sono come le stelle, ordinate e lontane. Loro lì in pancia s'ammassano e danno fame se nel frattempo rimango muta. 
La fame non ha stelle. La fame morde. Ho provato con la focaccia. E per fortuna non basta.



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