14.8.11

Io torno

No, va bene. Bello, eh? Tutto bello.
Al paese del Riccio sembra di stare dentro l'ultima bolla sparuta senza tempo di questo pianeta. Ma che ore sono? Che giorno è? è il leitmotiv che ci ha accompagnato per tutto il soggiorno. Si vive come se gli accadimenti non avessero un inizio né una fine, stanno sospesi in aria aspettando di essere acciuffati come mosche sonnolente. Credo non c'entri il fatto di essere in vacanza, lontano dalle intransigenze delle attività quotidiane. In questo paese il tempo sospeso è un fatto esistenziale per tutti, sia per i forestieri che per quelli del luogo. 
I viottoli assolati e polverosi, infrascati di fichi d'india e silenzio non sono altro che ghirigori incastonati in questo modo di stare. E' un'aria buona, gentile, che apre le gole serrate dalla velocità incosciente, ci costringe a rallentare, a intorpidire la testa, a camminare a passo d'uomo. Perché qui c'è la misura d'uomo.
Ce ne siamo presa tanta di polvere gialla da steppa sui piedi.
Ognuno nel proprio modo. Sofia giocando libera in strada come solo una bimba di due anni deve fare, tra limoni a mo' di palla fatti scendere e risalire su una straducola, sbucciate di ginocchia, mani e piedi lerci, il pannolino cambiato un secondo prima di stare esplodendo. Io e il Riccio amoreggiando ancora sedotti da questa stessa aria pregna che tre anni fa c'ha fatto concepire Sofia.
Io poi qui al paese faccio zittire le sovrastrutture. Non so com'è che avviene, cos'è che innesca la reazione, forse il caldo, forse il tempo molle, forse il torpore dell'aria tropicale, ma io qui sono schietta. Con tutti, con i conoscenti, i parenti, gli sconosciuti, le vecchiette sedute sul ciglio di strada, col barista, con Sofia, col Riccio. Con me. Non ci sono strappi di vedute e comportamento, il grado di familiarità o estraneità non suggeriscono i modi. Qui io sono come sono. E costringo tutti ad adeguarsi se pur con il rischio di qualche incidente diplomatico. Ma che importa? Io sono come sono.
E sono la mia voce rilassata e bassa, sono i piedi lenti e comodi, sono le braccia rotonde, sono i capelli stropicciati e legati alla buona, sono i muscoli ristorati dal sonno e dalla carne al fuoco, sono poco altro e non di più ché non ce n'è bisogno.
E poi il miracolo del cortile di casa. Una fiumana di gente che condivide tutto, i panni, le storie, il gioco, sigarette, caramelle, le sedie, i cucchiaini di plastica per la granita, noia e leggerezza, il fruttivendolo che passa urlando. Un groviglio di gente, Michelle, il papà francese, che imbocca Sofia, io che accarezzo Alexandre, il Riccio che fotografa Marie: il groviglio che condivide tutto sebbene non la parentela.
E' qui che Sofia in questi giorni ha fatto un balzo di crescita enorme. L'emancipazione! La libertà che si sperimenta sotto lo sguardo vigile ma rilassato, non soffocante. Non mio.
C'era sempre chi si prendeva cura di lei, dal bimbo seienne alla vecchietta novantenne, passando dalla maman francese grassa e lenta, con tette enormi e la dolcezza materna pure, e che lì dove sta non potrebbe far altro che curare un asilo.
Bastava che facessi un cenno e qualcuno all'istante diceva sì.
Sì. E mettevo lo smalto sulle unghia.
Sì. E andavo a fumarmi una sigaretta.
Sì. E leggevo.
Sì. E scrivevo.
Sì. E uscivo, per la prima volta da quando Sofia è nata, sola col Riccio per un gelato.
Sì. E niente, mi allontanavo per non far niente.
Io e Sofia abbiamo provato il gusto di vivere separate e ritrovarci ogni volta, di fare esperienze diverse e poi in un modo o nell'altro condividerle. Non ci siamo mancate.

Bello. Tutto bello. 

Ma.
Un sonno e una fame inestinguibili.
Mi alzavo dal letto per senso del decoro. E anche da tavola mi alzavo per lo stesso motivo. Anche se in effetti il decoro lo avevo già divorato assieme alla quantità spropositata di cibo. 
I miei istinti portati all'osso, soltanto quello di sfamare i bisogni primari e nient'altro.
Persino il linguaggio si è ingolfato. Quando ho incominciato ad articolare frasi tipo "Dovrei comprare la lametta per le unghia" e "Sofia deve essere ancora battesimata" mi sono preoccupata.

Sarà che la primordialità del luogo mi ha raggiunto.
Sarà che ho mollato certi tiraggi e mi sono rilassata.
Sarà che l'alta quota ossigenata ed epurata da veleni cittadini mi da alla testa.

Sono tornata.
Mi prendo una boccata di smog ma poi mi sa che rivado.

4 commenti:

  1. Sei tornata alla grande e si vede :)

    C.

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  2. Sai cos'è? La possibilità di riandare e di tornare ancora, e di riandare e di tornare ancora. Però con queste cose che racconti e per come le racconti mi fai del male, e vorrei prendere e venire lì a fumarmi una sigaretta con te e mangiare una granita e raccontarti di.

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  3. C.,
    esageratamente gentile...
    ...perché?
    :)





    Ale, cara Ale,
    vorrei tanto che mettessi parole oltre il di.
    ma cos'è che t'ha toccato?

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