21.8.11

Sofia come Elisewin. Un libro può cambiarti la vita. Rovinarla, anche.

< inizio sigla Quark > Le formiche cercano il cibo. La loro è una straordinaria organizzazione di massa fatta di attività diverse. Ma la loro prima attività, come sopravvivenza comanda, è quella di cercare CIBOCIBOCIBOCIBOCIBOCIBO. 
Durante il viaggio, che può esser lungo fino a 200 metri, il comandamento primo è: CIBOCIBOCIBO.
Si mettono lì, in fila indiana come i sette nani e ♫ andiam, andiam, andiamo a cercar il pan  
Non fanno nient'altro, le formiche esploratrici. Non è che fanno soste di ristoro, non si fermano agli autogrill per presa pipì isterica, non fumano sigarette sul ciglio della strada, non scattano foto al panorama. Uno, perché la specie non ha ancora scoperto il silicio e la sua applicazione nel chip; due, perché non pensano a null'altro che non sia CIBOCIBOCIBO. Indefesse, stacanoviste, bulimiche formiche. CIBOCIBOCIBOCIBO. < fine sigla Quark >
Sofia è una formica.
No, dico, quando usciamo, scendiamo al centro, Sofia è come una formica.
Siccome, ringraziando Dio, l'angoscia per la sopravvivenza, nonostante certe manovre politiche fallimentar-berlusconiane e la massiccia deontologia speculativa - no, non è un ossimoro, non più -, è qualcosa che nel mondo occidentale non si da più, almeno nella maggior parte dei casi, quando siamo fuori, da brava figlia dell'Occidente, Sofia è una formica vorace di musica.
Non importa che tra noi e la fonte ci siano centinaia di metri, non importa che io sia fornita di tacchi e fitte lancinanti all'alluce valgo, non importa che l'intenzione sia di andare da tutt'altra parte.
Lei va. In uno stato delirante MUCHICAMUCHICAMUCHICA, ignorando pedoni, sassi, scaffe, pali, cacche canine, lei va.


Ieri sera perciò ci siamo ritrovati ad ascoltare musica nella storica caffè/libreria Tertulia di P.zza Teatro Massimo (do you know?). Sofia, in una pausa, spodestava il duo ufficiale e cantava seduta, niente affatto intimidita, con microfono e amplificatore per la gioia e il godimento del sentimento pucci-pucci-pa-pa (sospiri e ooohhhoooh zuccherosi) della gente in piazza.
Io, ovvio, entravo in libreria.
In questi giorni c'è una bellissima iniziativa qui: i lettori sono invitati a scrivere anonimamente, a mano, su post-it, una breve nota e lasciarla su un libro a scelta.
Mi metto a leggerli tutti quei quadrotti gialli, senza pretese, pieni di sensazioni, opinioni, intuiti, calligrafie, pieni di umano. Mi viene subito in mente la storia dei libri condivisi che girano per i Paesi e portano i commenti di chi li ha letti. Non so se sia vero, non sono mai stata protagonista o testimone di un tale evento. Mi piace pensare di sì, ovvio.
Ho letto tutte le note. Sono come miele per me. Vado da un post-it ad un altro scavalcando con indifferenza i libri che non ne hanno. Fanno davvero venire voglia di leggerli quei libri.
Chissà, forse è che da un libro ti aspetti, è chiaro, di essere toccato da qualche parte e ogni post-it documenta il fatto di averlo fatto, di essere riuscito a toccare qualcuno e dunque la possibilità di riuscire a farlo di nuovo anche con te. O forse anche i sentimenti adesso hanno bisogno di essere pubblicizzati per essere creduti.
C'è una nota che mi rimane su tutte e recita: "questo libro [...] mi ha rovinato la vita. Eppure ci ritorno sempre".


Il primo libro che ha condizionato la mia vita è arrivato banalmente come compito per le vacanze a quattordici anni. Leggere e recensire.
Lui è amorale, ambizioso, anaffettivo, narcisista e quant'altro bellissimo doppiogiochista. Non guarda in faccia nessuno. Ha mille piani cervellotici ed è furia pur di realizzarli. E' un grandioso trasformista. E' tutto, per ogni circostanza, all'occorrenza è quello che a lui conviene essere. Non ci crederesti mai quando si innamora, quando cade la maschera impersonale, quando tutti i suoi personaggi si ammutoliscono. Eppure lo fa. Si innamora. E a quel punto è un casino. Quella sua furia cinica e arrivista rimane, ma nasce una dolcezza e una leggerezza che fa a botte con se stesso, crea l'arrovellamento, la crisi, il conflitto.
Io è così che ho conosciuto, e non me ne sono mai più liberata, la passione, il guazzabuglio conflittuale dell'anima, la vita per nulla semplice, ma significativa e pregna solo in questo modo, dello scontro con se stessi. Sono stata Julien Sorel per molto tempo.
E sono convintissima del fatto che Stendhal non avrebbe potuto far altro che intitolarlo Il rosso e il nero.
I colori della mia esistenza.


L'altro libro, quello di questo mio ultimo periodo (ehmm... quasi dieci anni), è Oceano Mare di Baricco.
Ora so che lui sì che me l'ha rovinata la vita :) Ora che da qualche tempo sono fuori da certi meccanismi, ora so quanto mi abbia condizionato.
Tutti i personaggi che arrivano a questa locanda fantasmagorica a un passo dal mare sono incredibilmente pregni di poesia. Tutti. Davvero.
Ma Elisewin... caspita...
Elisewin è l'essere umano cui la vita fa paura. Elisewin in un certo senso, o in un certo momento delle nostre vite, è tutti noi.
E' una bimba - vorrei riportare dei passi ma, io che adoro il libro, finirei per far la scribacchina e ricopiarlo in toto, perciò niente - dicevo, è una bimba che... scompare. Ha una paura tutta speciale per cui un rumore, una forma più dura, un tessuto più crudo, uno spigolo, un niente di un accidente di niente le entra dentro da qualche parte e... scompare.
"... uno che gli scappava l'anima". 
Così. Ogni volta muore per un po', forse. Poi torna: è una bimba e ricomincia a correre. Gioca, ride, salta e corre. "... solo di rado, e in un modo che taluni, in quei momenti, nel vederla, si udivano dire, a bassa voce
- Ne morirà". Il padre crea per lei un mondo di ovatta per proteggerla. Colline e non montagne aguzze dalle finestre, colori bianchi, tappeti bianchi, voci sussurranti, il parco con sentieri circolari, nessun angolo, seta, ovunque seta.
Tremendo.


Sofia è stata Elisewin per un po'.
Naturale e giusto fino ad un certo punto. Poi, ad un certo punto, anche qui tremendo.
E' che ho compreso e assimilato talmente tanto la fragilità di Elisewin che quando è arrivata Sofia è stato un attimo per me farne la trasposizione. C'è da dire che quando nasce un bimbo tutti sentiamo empaticamente il divario tra la sua fragilità e il complicato della vita a misura d'adulto. Per questo tutte quelle attenzioni.
Parlare sussurrato, carezze, cullare in braccio, nessun rumore improvviso, rispetto dei ritmi del bimbo.
Ricordo che per il Capodanno di un anno fa, Sofia dormiva a casa dei nonni con al capezzale del letto montata una radio. Fu un attimo e la spensi. Non per il volume della musica, né per la musica in se, ma perché non volevo confondere Sofia che pensavo fosse troppo piccola per capire il meccanismo della radio come fonte di suoni.
E così un silenzio di troppo prima, un'uscita mancata per il sonno di Sofia poi, mettiamoci anche stanchezza mia, la nostra vita ha cominciato a scricchiolare, a mancare di qualcosa.
E poi col tempo c'è questa specie di infantilizzazione del genitore. Empatia e senso di protezione a volte possono essere un mix deleterio. Mi sono calata talmente tanto nel mondo dell'infanzia da rimanerci imbrigliata.
Così anch'io mi sono trasformata per un po' in Elisewin. La paura, che fino a due anni fa non sapevo cosa fosse, quella bestia paralizzante che ho voluto tenere lontano da Sofia, mi ha assalito.
Fortuna vuole che quando qualcosa nella mia vita comincia a non funzionare me ne accorgo immediatamente.
E prima poi cambio rotta. Rimedio.


Elisewin alla fine si salva.
Si salva col mare. Cioè si cala senza protezioni, sconti, ovattature e sete, si cala fino in fondo nella vita.
Il mare come pace, grandezza, potenza, forza, violenza, il mare imprevedibile. La vita per intero dunque.

"...Così Elisewin scese verso il mare nel modo più dolce del mondo - solo la mente di un padre poteva immaginarlo - portata dalla corrente, lungo la danza fatta di curve, pause ed esitazioni che il fiume aveva imparato in secoli di viaggi, lui, il grande saggio, l'unico a sapere la strada più bella e dolce e mite per arrivare al mare senza farsi del male... 

...Ancora adesso nelle terre di Carewall, tutti raccontano quel viaggio. Ognuno a modo suo. Tutti senza averlo mai visto. Ma non importa. Non smetteranno mai di raccontarlo. Perché nessuno possa dimenticare di quanto sarebbe bello se, per ogni mare che ci aspetta, ci fosse un fiume, per noi. E qualcuno - un padre, un amore, qualcuno - capace di prenderci per mano e di trovare quel fiume - immaginarlo, inventarlo - e sulla sua corrente posarci, con la leggerezza di una sola parola, addio. 

Questo, davvero sarebbe meraviglioso. Sarebbe dolce, la vita, qualunque vita. E le cose non farebbero male, ma si avvicinerebbero portate dalla corrente, si potrebbe prima sfiorarle e poi toccarle e solo alla fine farsi toccare. Farsi ferire, anche. Morirne. Non importa. Ma tutto sarebbe, finalmente, umano. Basterebbe la fantasia di qualcuno - un padre, un amore, qualcuno. Lui saprebbe inventarla una strada, qui, in mezzo a questo silenzio, in questa terra che non vuole parlare. Strada clemente, e bella. Una strada da qui al mare."

Questa estate è per me il fiume. Paese del Riccio, spiaggia, mare, uscite serali, letture, film, tacchi e trucco.
Sto riprendendo, piano, dolcemente, la via per il mare.
Nessun silenzio, nessuna omissione, più nessuna rinuncia. Meno empatia, meno rigore nei confronti dei ritmi di Sofia. Che si diverte come una matta.
Elisewin va al mare :)

12 commenti:

  1. Ecco. Il secondo è uno dei libri che aspettano pazientemente da mesi di essere rimossi dallo scatolone abbandonato sul balcone, essere riposti su una libreria degna di tale nome ed essere, finalmente, letti. Non ce la farò mai se vado avanti a leggere 'Pollicino' la sera e ad addormentarmi appena arrivo alla frase 'e vissero felici e contenti'.....

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  2. Mami!!!
    scatoloneeeeeee?
    abbandonbatoooooooo?
    balconeeeeeeeee?
    vergogna!!!
    be...
    io la sera proprio non riesco più. arriverei al titolo. davvero.
    leggo mentre So fa il pisolino pomeridiano.
    che sa da fa!
    malgrado ciò io e te vivremo comunque felici e contente...
    ...
    ... addormentata?

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  3. eh, sapessi quante cose dovevo sistemare in queste due settimane e invece non ho fatto assolutamente nulla.
    PELANDRONA mi direbbe tuo papà, giusto? E' proprio il termine esatto.
    Cmq sì, vivo felice e contenta nel chaos e nell'ignoranza
    ;)
    m.

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  4. ;)

    giusto, Mami.
    mi piace tantissimo quando ti ricordi cose dell'anteguerra

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  5. mi ricordo tutto quello che mi hai raccontato
    :)
    m.

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  6. per aver letto un libro, mi sono riiscritta all'uni. è stato però un mio peccato personale, perchè non era il momento giusto. magari nella prossima vita, oppure quando chicco sarà più grande...

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  7. uni=momento sbagliato anche per me...:(
    no! eh?...nella prossima vita no!
    quando gli scriccioli sono più grandi.

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  8. sono andata ad accertarmi come si scrivesse "scricciolo" (fa caldo eh?) e guardate cosa ho trovato. carinissimo.

    http://www.google.it/search?q=scricciolo&hl=it&prmd=ivns&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=B-lXTrG8N8qE-waG78GJDA&ved=0CDUQsAQ&biw=1024&bih=439

    va be'...fa caldo eh?

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  9. uh, che carino! piccolo e ciccione, insomma..è Sofi! Anche Chicco? :)

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  10. chicco è uno scricciolo di quasi 15 chili :D

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  11. :)

    leuco,
    per Sofi leva il quasi e aggiungi un chilo.
    io seriamente comincio a preoccuparmi.
    forse sto sbagliando qualcosa.

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  12. Andre, 4 anni e mezzo, 16 chili su 102 cm e mangia come un bue.
    Nico era 16 chili a 2 anni su 94 cm...
    Ognuno cresce a suo modo.
    A meno che tu non le dia coca e patatine fritte a colazione, pranzo e cena - e non mi sembri il tipo - non stai sbagliando proprio nulla.
    :)

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