8.10.12

Una donna che non bacia i rospi

Il mio datore di lavoro è un pasticciere all'antica, di vecchio stampo, prepara torte e ogni sorta di pasticceria come si faceva quarant'anni fa, senza additivi o esaltatori, solo ingredienti base, zucchero, farina, uova e nient'altro.
Il mio datore di lavoro è un imprenditore all'antica, abbatte i prezzi, li tiene bassi nonostante i rincari spropositati da ogni parte e un suo motto, se lo avesse, sarebbe: vendi a meno, vendi di più.
Il mio datore di lavoro è un uomo all'antica, desidera che il personale sia educato, pulito e ordinato.

E che sia esclusivamente di genere femminile. 
Perché la gentilezza del servire è donna.
Che sia di genere femminile piacente, perché la gentilezza del servire si ha solo in dotazione al pacchetto bellezza e avvenenza.
Che sia di genere femminile piacente e servile, perché donna, essendo lui un uomo all'antica, significa questo.
Significa rispondere ai comandi in un nano secondo, lasciare il lavoro che si stava svolgendo, andargli a comprare il giornale e poi essere rimproverate per non aver completato il lavoro che si stava svolgendo.
Significa andargli a fare la spesa e nel frattempo servire i clienti e nel frattempo mantenere pulito e nel frattempo uscire di nuovo a comprargli altro. L'inadempienza dei lavori che secondo lui dovrebbero essere svolti in sincrono non gliela si può giustificare col fatto che la teoria degli universi multipli, delle stringhe, della non località, sono straordinarie teorie che amo ma che nello specifico della nostra esistenza non sono state ancora messe in esperimento.
Significa chiedergli il permesso. Per tutto. Per bere, o far lo spuntino, o far pipì o dopo quasi sei ore di lavoro, iniziate alle 6:30, per farsi quattro tiri di sigaretta a mezzogiorno in punto. Tutti i giorni. Dovendo scegliere una tra le suddette opzioni, ché due, nelle otto ore di lavoro, è approfittare della benevolenza del datore di lavoro.
Significa anche chiedergli il permesso per iniziare qualsiasi lavoro, ché se hai iniziativa stai ledendo il potere del datore di lavoro e davanti ad una platea ti urla che decide lui quando, cosa, dove e come senza che nessuno glielo suggerisca. E poi ti manda a fare quello che gli avevi appena suggerito.
Significa che, decidendo lui quando, cosa, dove e come, ogni giorno non è mai lo stesso ed è sempre sbagliato. Se un giorno fai in un modo, no, devi fare così, e allora se l'indomani fai così, no, devi fare colì, in un loop infernale di scarto della giusta prestazione spostato in avanti o indietro di ventiquattro ore.
Significa non dover mai pronunciare in sua presenza, pena il dover assistere alla sua istantanea trasformazione da quasi umanoide in demone violento e volgare, parole che nella sua testa, in un groviglio impiastricciato e assolutamente arbitrario di termini puliti e termini sporchi, gli ricordino l'atto sessuale. Parole come scopare a terra, prendere l'asta per le tende, cannolo grande, cannolo piccolo, biscotto duro, biscotto molle, pasticcino, crema, puzza, alzare. Termini, che all'interno di una pasticceria, una volta banditi creano evidentemente scomodi buchi nella comunicazione.
Termini, che se la prima volta li pronunci con la stessa innocenza di Heidi, dopo, anche se l'illogicità e l'assurdità e la farsa della cosa ti è evidente, li pensi alla stessa sua arbitraria maniera, ché si sa che la malizia volgare è un virus che si insinua tra le maglie dell'innocenza con la stessa violenza di uno stupratore.
Significa stare zitta, assecondarlo, dire sì, anche se sta dando sfogo a baggianate, anche se si sta lamentando del fatto che i clienti pretendono lo scontrino e lui non vuole dar soldi allo Stato; anche se, in assenza di alcune colleghe, le sta coprendo di parole rasenti il turpiloquio.
Il rispondergli alla spicciola, secondo il suo basso grado di cultura, che lo Stato è lui e difendere le colleghe che non possono difendersi perché assenti è chiamato da lui, in modo spicciolo, secondo il suo basso grado di cultura, ammutinamento.

Soprattutto, per quest'uomo all'antica, donna significa due cose.
Uno. Farla lavorare otto ore di fila, in piedi, senza farla fermare mai, facendole sopportare tutti i giorni pesi di ingente mole di fronte a cui persino i clienti si rifiutano di star a guardare e si prestano ad aiutare, con suo evidente disappunto invece che vergogna mentre se ne sta seduto a guardare, facendola calare a raccogliere cose che gli cadono ai suoi piedi, per un certo suo sadico gusto, strizzandola di lavoro, come una schiava e per due spiccioli (n.d.r.: 120 euro a settimana, senza contratto, straordinari quotidiani dovuti e non retribuiti, le domeniche di quindici ore pagate 20 euro in più)
Tutto questo perché la donna che lavora è una stronza che non si accontenta, vanitosa e avida, visto che è l'uomo che porta i soldi in casa. 
E allora vuoi lavorare? Tè, che te lo do io il lavoro.
E vantandosi giornalmente che tiene sua moglie in casa, ci dice tutto quello che in faccia non riesce a dire.

Due. Sostanzialmente la scelta esclusiva della figura femminile può essere paragonata all'attrattiva che uno scimpanzé suscita nelle platee allo zoo.
Per deliziare i reali augelli (cit.), insomma, sia sul palcoscenico del bancone in pasticceria che dietro le quinte.   


La sottoscritta qui donna ha ingoiato i rospi col sorriso, perché, il pomeriggio, tutto quello che era stato di giorno si spogliava di malvagio e rimaneva l'onore personale di aver lavorato con professionalità e l'immenso piacere che semplicemente e molto banalmente può dare il viso della propria figlia di fronte a giocattoli e posti nuovi.

Ma alla sottoscritta qui, sempre donna, all'improvviso le è venuto* in mente che si stesse facendo complice di una modalità a lavoro che da sempre si combatte. All'improvviso le è venuto in mente che certi compromessi non hanno da esistere, nemmeno se di mezzo ne paga certe conseguenze la propria figlia, quando la dignità è lesa.

La sottoscritta qui donna ha mandato quest'uomo a fanculo.
Volevo dire, a quel paese.
Sì, insomma, lì dove certi uomini all'antica mangiano nella stessa ciotola dei maiali. 




*balenato

10 commenti:

  1. ...
    anche qui c'è un capo a tratti despota (come credo in tanti posti). Ma perlomeno la retribuzione è umana.
    Mi spiace Vero.
    Davvero.
    Spero che il progetto di cui mi avevi scritto a questo punto prenda piede.

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  2. sei un gran donna, veronica.
    al nord queste cose ci sono, forse meno, ma ci sono.
    ovattate, edulcorate, camuffate, ma alla fine quello è il pensiero di troppi.
    anche di uomini insospettabili, appartenenti a mondi che non lo diresti mai, eppure, al dunque, di fronte allo scontro, a un'alzata di testa, una mancata dolcezza che pensavano dovuta, è quello che viene fuori.
    lo vedi dallo sguardo assassino, da un digrignare furioso, ché per fortuna qui per lo meno ci sono tutele più istituzionali e se esagerano potrebbero anche rischiare qualcosa del loro.
    e allora invece di abbaiare digrignano i denti, che è forse pure peggio, e si muovono nell'ombra per fotterti. in ogni senso possibile.

    non farti mettere i piedi in testa, vero.
    stai dritta e fiera, che poi anche sofia capirà e sarà fiera di te.

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  3. Grande Veronica.
    Concordo con le parole di Marta: Sofia capirà. Meno ma meglio, con che onore e dignità.
    Senza schifosi compromessi maschilista.
    Ti ammiro.
    Sinceramente.
    a.

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  4. Non è una questione solo di genere. Il mio è il mio punto di vista, da donna, e salta fuori così, in relazione a lui. Ma questa persona è così con tutti, fornitori, clienti, colleghi lì vicino, persino coi familiari, in qualche caso.
    E non è nemmeno questione di territorialità. Ho lavorato come dipendente per altri e non mi è mai capitato di vivere questa barbarie della specie. Anzi. La donna è sempre stata vista come una risorsa, anche legata al genere, esaltandone banalmente se vogliamo i caratteri di genere, sì, quindi bellezza, dolcezza, ecc. ma non escludendo certo tutto il resto, visto che i professionisti veri sanno che circondarsi di tuberi nuoce alla loro attività.
    E poi i miei genitori. Hanno lavorato, hanno ingoiato certi rospi (hai ragione, Mami, succede quasi sempre) ma l'ambiente in genere era diverso, mia madre in una clinica, mio padre all'Eni. I capi c'erano, a volte sbavavano, ma avevano l'accortezza di ritirarsi passato il limite.
    E poi.
    Mio padre era capo centrale. Comandava lui. Ma se oggi penso che aprendo la mia attività non saprei nemmeno da dove incominciare ad umiliare le persone per il gusto del potere, lo devo un po' anche a lui, no?

    In ultimo. Caspita, Marta, mi sa che un comune denominatore il digrignare i denti.
    Ma in questo caso le mancanze non erano rivolte a lui, ma al suo santo figlio che lavora lì. E cito le sue parole: "A papà, tu ti devi prenderti ste belle caruse (riferendosi al fatto che si presentavano ragazze molto carine chiedendo lavoro e il figlio le mandava sistematicamente via, facendomi l'occhiolino, ché voleva me). che te frega: te le prendi, le fai lavorare una settimana, gli dai due lire e poi le mandi via. Nel frattempo vedi quello che devi fare. Sei condannato qui a lavoro. Ti devi divertire"
    A papà.

    Questo è quanto.

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  5. Dimenticavo.
    Non sono coraggiosa.
    Sono solo giovane, brava e bella. E ho ancora, più o meno, con alti e bassi, le speranze intatte.
    Sfido io ad avere una mezza età e il sedere per terra. Dove lo trovi il coraggio?
    Qualcuno è riuscito a renderci schiavi.

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  6. sono sempre qui, tua fedele lettrice, anche se ci si sente poco o di sfuggita.
    vorrei sottolineare che parecchie angherie le si subisce, spesso, anche da parte di donne che hanno potere. e le donne sanno essere anche peggio quando ci si mettono. quindi non è solo una questione sessista, ti assicuro. è proprio un gioco di potere che la maggior parte dei capi esercita per supplire ad altre carenze nella vita privata, o semplicemente per divertimento sadico, o per mascherare un'insicurezza personale.
    la mia esperienza viene dalle case editrici.
    luogo sessista: alle scrivanie vedi solo donne, ai posti di comando quasi solo uomini.
    e le poche donne con ruoli di responsabilià, da noi, sono single o comunque senza figli.
    piccole statistiche quotidiane.
    che fanno male, ma che - ancor peggio - finisce per accettare come dato di fatto.
    poi ognuno si sceglie il proprio cammino.
    io sono freelance. non ho nessuno che mi dica quando fare pipì o quando fare pranzo, nè di vestirmi carina con la gonna, ma guadagno poco e inoltre mi pagano con sei mesi di ritardo.
    ci sono stati, in passato, uomini ben più vecchi di me che mi hanno trattato in modo orribile e mi hanno fatto piangere. anche in un posto chicchissimo come una grande casa editrice milanese capita. ho sempre riposto a tono. ho sempre urlato anche io. senxa rifletterci troppo. un bacio.

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  7. Ti ammiro molto, hai fatto la cosa giusta. Dovremmo fare tutte così quando ci troviamo in queste situazioni. Complimenti, puoi veramente camminare a testa alta... e per tua figlia non puoi che essere un esempio (che magari capirà più avanti ma che ammirerà anche lei)

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    1. io, per la verità, in futuro, quando mia figlia avrà gli strumenti per capire certe situazioni, mi auguro che queste situazioni non esistano più.
      :)

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