6.4.13

Ricomincio dalla strada

All'improvviso un giorno arriva l'idea brillante, quella che ha tutto dentro: l'ispirazione, le potenzialità, la passione, l'inedito.
L'idea è semplice: si basa sul fatto di riproporre il modello fantastico, immaginativo, surreale dei bambini e offrir loro la possibilità di viverlo quotidianamente.
All'inizio l'idea si è sviluppata sul metodo ormai noto e stranoto dell'imparare giocando. Ma poi, andando avanti con i miei studi ho capito che il senso del meraviglioso e della bellezza non si impara: si ha. Mi son fatta l'idea che fornire strumenti di apprendimento seppur non convenzionali rimanga nel campo del convenzionale, del sistema, dove il bambino apprende il già noto. Invece penso che si debba fornire un terreno non ancora seminato, vergine, fertile ma vuoto e che il bambino da solo semini.
Semini l'incanto, che possiede in abbondanza.

Avrei dunque giocato con le potenzialità della forma, istallazioni prese da ogni parte del mondo alte dieci metri e oltre, palloni giganti, tunnel decorati da illustratori visionari o dai bambini stessi, visionari oltremodo; oppure al contrario strutture piccole, città in miniatura, il nascosto che si sbircia da un'occhio. Effetti di luce, di suoni, di apparizioni. Pannelli digitali plasmabili quanto le idee in testa.
Insomma, il paese delle meraviglie costruito su ogni paese delle meraviglie che vive dentro ogni bambino.
Mi è stato facile reperire il materiale perché anch'io ho il mio paese e Sofia è lo specchio che lo riflette con piacere e soddisfazione.
Dunque so di essere sulla strada giusta.
Se non fosse.
I finanziamenti, questi sconosciuti.
Sono stata in più strutture, ho parlato con mezza città, ho fatto telefonate, passato e ripassato i siti di finanziamento alle imprese.
Il succo, forse paradossale, forse no, è che se non hai i soldi non te li danno.
Punto.
L'ultimo passo è stato parlare con un consulente super partes. E dall'alto della sua non appartenenza a gruppi o enti costituiti, mi ha aperto gli occhi: "È fantastico, straordinario, innovativo, ambizioso, le porto mia figlia, ma io sono qui per dirle la verità, la nuda e cruda verità: nessuno la finanzierà". Sdong.
Perché non sono nessuno, non ho garanzie, non ho nemmeno competenze certificate, sono solo una con un'idea. 
È giusto, logico, la nuda e cruda verità.
Mi manca una storia che mi presenti al mondo, che dia delle garanzie a quelli di cui ho bisogno. Io le scrivo le storie, le racconto, e non mi sono mai interessata a tessere la mia, quella del mondo dico, quella che parla lo stesso linguaggio pubblico.
Come fare allora a portare avanti il mio progetto dal niente? 
Da dove ricominciare allora se non dalle basi, dalle fondamenta di una storia?
E quali sono queste fondamenta del mio progetto se non la strada?
No, che non mi scoraggio: sono una abituata al tutto o niente, ho basato la mia esistenza su questi due estremi.
Porterò lì le mie visioni, dove non si chiedono se non minime garanzie, c'è poco investimento, di denaro e d'ambizione e aspettative. E poi sfrutterò quello che la mia terra mi offre più di ogni altra cose: il sole. Almeno è un punto di partenza. 
Porterò la bellezza in strada.
Pochi l'hanno vista lì.

Dalla strada nessuno si aspetta più niente.
Io invece ci costruisco la mia storia.

3 commenti:

  1. Credici e non mollare. Il sole mi sembra il miglior punto di partenza, sempre.
    I soldi è così, benigni lo racconta meglio di chiunque altro: http://www.youtube.com/watch?v=XjEFUJV3eBQ

    RispondiElimina
  2. ma io sono impazzita! è perfetto, perfetto.
    Non vado dall'ortolano a chiedere una melanzana se a casa ne ho un miliardo, eh!
    Ecco, da uno dei miei sopraluoghi per avere sto finanziamento ho scoperto che a Catania uno dei recenti progetti è stato portato avanti da un imprenditore con "un miliardo di melanzane a casa". Il progetto è carino ma nulla a che vedere con quello contro cui gareggiava, fatto da quattro ingegneri straordinari, visionari e all'avanguardia, che non si son visti approvare il progetto per il solito inghippo dell'essere squattrinati. olè.
    che dire, grazie infinite v., perché come sempre l'ironia ci salverà.

    RispondiElimina
  3. dimenticavo, la cosa grave è che non è cambiato nulla. anzi.

    RispondiElimina