C'è un sistema.
Esiste, si muove, cammina, si sviluppa, funziona.
Da qualche parte mostrerà certi punti deboli, ma nel complesso del suo esser complesso, tutto sommato funziona; nonostante un'incostanza nella fluidità del meccanismo, le mancanze e le ripartenze trovano una loro ciclicità. Il sistema è coerente.
Esiste, si muove, cammina, si sviluppa, funziona.
Da qualche parte mostrerà certi punti deboli, ma nel complesso del suo esser complesso, tutto sommato funziona; nonostante un'incostanza nella fluidità del meccanismo, le mancanze e le ripartenze trovano una loro ciclicità. Il sistema è coerente.
E' in equilibrio.
Arriva l'estraneo, un sistema a cui quel sistema non può essere adeguato né essere riferito perché nessun carattere costituente i due sistemi porta coincidenza, nemmeno somiglianza. Sono ontologicamente in antitesi ed è escluso il tu, il mutuo procedere in direzione l'uno dell'altro. Semmai la loro è una reciprocità oppositiva.
Ontologicamente in antitesi non tanto nel coesistere all'interno di uno stesso spazio, che anzi è l'unica forma in grado di assorbire le antitesi e accordare i sistemi (è quello lo spazio, l'unico, in cui entrambi i sistemi possono attuare la loro inconciliabile specificità), quanto nel condividerlo.
Così un corpo piranha tra i delfini, il sale nell'acqua dolce, un virus nella cellula animale, l'eresia sull'ortodossia, moti rivoluzionari sull'autorità della tradizione, la pretesa tutta moderna della perpetua emissione di luce sui ritmi ancestrali sonno-veglia, il moto terrorista nell'ordine assorto del quotidiano, lo spermatozoo nella cellula uovo, [...]. Sistema individuale contro sistema individuale.
E nel movimento che ogni sistema del vivente compie, come stato di necessità, perché l'equilibrio specifico permanga, è possibile che:
[...] Così Sofia nella mia vita.
Sono madre, il sistema più controverso perché di specie umana.
Sistema controverso perché vivo, alcune volte anche fortemente, l'antitesi, lo stato di guerra, non verso mia figlia, da me al di fuori di me. Piuttosto la guerra è intestina: da me in me.
La mia specificità mi dice di nutrire quella di mia figlia. E' l'imperativo della legge di natura. Contravvenendo a tale legge sarei condannata all'infelicità, che tra le tante cose è la cronica discrepanza fra ciò che si è e le opere che si ha potere, o non si ha, di realizzare. Sono madre, e con mia figlia opero e realizzo ciò che sono.
Arriva l'estraneo, un sistema a cui quel sistema non può essere adeguato né essere riferito perché nessun carattere costituente i due sistemi porta coincidenza, nemmeno somiglianza. Sono ontologicamente in antitesi ed è escluso il tu, il mutuo procedere in direzione l'uno dell'altro. Semmai la loro è una reciprocità oppositiva.
Ontologicamente in antitesi non tanto nel coesistere all'interno di uno stesso spazio, che anzi è l'unica forma in grado di assorbire le antitesi e accordare i sistemi (è quello lo spazio, l'unico, in cui entrambi i sistemi possono attuare la loro inconciliabile specificità), quanto nel condividerlo.
Così un corpo piranha tra i delfini, il sale nell'acqua dolce, un virus nella cellula animale, l'eresia sull'ortodossia, moti rivoluzionari sull'autorità della tradizione, la pretesa tutta moderna della perpetua emissione di luce sui ritmi ancestrali sonno-veglia, il moto terrorista nell'ordine assorto del quotidiano, lo spermatozoo nella cellula uovo, [...]. Sistema individuale contro sistema individuale.
E nel movimento che ogni sistema del vivente compie, come stato di necessità, perché l'equilibrio specifico permanga, è possibile che:
- Il sistema ospite annienti il sistema occupante
- Il sistema occupante annienti il sistema ospite
- I due sistemi si annullino reciprocamente
- I due sistemi creino interdipendenza e fondano, in forma di simbiosi, le proprie originali peculiarità dando corpo ad un sistema inedito
- I due sistemi conservino la propria integrità e, addomesticandosi*, convivano
[...] Così Sofia nella mia vita.
Sono madre, il sistema più controverso perché di specie umana.
Sistema controverso perché vivo, alcune volte anche fortemente, l'antitesi, lo stato di guerra, non verso mia figlia, da me al di fuori di me. Piuttosto la guerra è intestina: da me in me.
La mia specificità mi dice di nutrire quella di mia figlia. E' l'imperativo della legge di natura. Contravvenendo a tale legge sarei condannata all'infelicità, che tra le tante cose è la cronica discrepanza fra ciò che si è e le opere che si ha potere, o non si ha, di realizzare. Sono madre, e con mia figlia opero e realizzo ciò che sono.
Nei sottintesi dell'essere animale io e Sofia ci muoviamo benissimo. Danziamo ritmicamente all'unisono secondo il tempo che un orologio invisibile scandisce, e non sbagliamo mai i passi. Io nutrice, lei nutrita, cresciamo. Ballando a tempo cresciamo.
Eppure, ed ecco l'antitesi, c'è un'altra me che porta una sua propria specificità e, non potendo più soddisfarla nel tempo che turbina interamente intorno a Sofia, scalpita, scalcia, urla, si dimena come una demone imbrigliata.
Ripenso ad una leggenda ambientata in un piccolo paese dell'entroterra ennese. Non conservo molti ricordi della mia infanzia, ma tutte le volte che, percorrendo la strada di ritorno a casa dal paese in cui sono nata, mi ritrovo sotto il dirupo dove si affaccia pericolosamente il paese di Agira, mi sento spinta da quella stessa impressione di bambina di fronte alle storie nere a guardare in alto e vedere il nero.
Si racconta che San Filippo Neri imbrigliò per i capelli diversi demoni e incatenandoli nei sotterranei dell'Abbazia li condannò per l'eternità alla prigionia. I demoni cercarono di scendere a patti col Santo e tra pianti, lamenti, promesse e contorsioni riuscirono a convincerlo. Il Santo così promise:"Quando la Pasqua cadrà a Maggio, sarete liberi". Ancora oggi, tutte le volte che la Pasqua cade gli ultimi giorni di Aprile, si sentono gli zoccoli scalpitare.
300 giorni circa. Tempo morbido con Sofia, e tempo duro. Mi innalzo con Sofia, e annaspo. Sono mamma con Sofia, e scalpito. La amo, e vorrei andare.
Scrive Simone de Beauvoir ne 'Il secondo sesso': "[...]la vita permane, a condizione di superarsi; si supera, a condizione di permanere [...]". E' innegabile quanto abbia superato me stessa diventando madre. Ho trasceso alcuni dei miei limiti, altrimenti insuperabili. Sento, però, quanto sia indispensabile tornare a percorrere la terra del sistema precedente Sofia, e dissotterrare ciò che è rimasto irrisolto. Il paradosso, l'antitesi dentro di me, è proprio il fatto che nel superamento di me stessa attraverso l'esser diventata madre, specificità inconfutabile, l'altra specificità ne è rimasta strozzata, e nel soffocamento di questa, il superamento non può permanere.
Se i primi tre punti dell'elenco qui sopra non riguardano noi, il quarto è quello che stiamo vivendo e fa guerra dentro di me tra profonda, nuova felicità e asfissia, il quinto punto è quello che farà la differenza, l'incastro dei sistemi, la morbidezza dell'equilibrio. Verrà l'addomesticamento*, sarò sempre in conflitto, quello d'esser per lei o di essere per me, ma avrò tempo per risolverlo, e avere tempo significherà far convivere tre sistemi: il mio con quello di Sofia, e il mio con quell'altro mio, con quell'altra me.
Verrà Maggio. Scalpito.
*per esprimere il concetto esiste solo la parola di Saint-Exupéry.
Eppure, ed ecco l'antitesi, c'è un'altra me che porta una sua propria specificità e, non potendo più soddisfarla nel tempo che turbina interamente intorno a Sofia, scalpita, scalcia, urla, si dimena come una demone imbrigliata.
Ripenso ad una leggenda ambientata in un piccolo paese dell'entroterra ennese. Non conservo molti ricordi della mia infanzia, ma tutte le volte che, percorrendo la strada di ritorno a casa dal paese in cui sono nata, mi ritrovo sotto il dirupo dove si affaccia pericolosamente il paese di Agira, mi sento spinta da quella stessa impressione di bambina di fronte alle storie nere a guardare in alto e vedere il nero.
Si racconta che San Filippo Neri imbrigliò per i capelli diversi demoni e incatenandoli nei sotterranei dell'Abbazia li condannò per l'eternità alla prigionia. I demoni cercarono di scendere a patti col Santo e tra pianti, lamenti, promesse e contorsioni riuscirono a convincerlo. Il Santo così promise:"Quando la Pasqua cadrà a Maggio, sarete liberi". Ancora oggi, tutte le volte che la Pasqua cade gli ultimi giorni di Aprile, si sentono gli zoccoli scalpitare.
300 giorni circa. Tempo morbido con Sofia, e tempo duro. Mi innalzo con Sofia, e annaspo. Sono mamma con Sofia, e scalpito. La amo, e vorrei andare.
Scrive Simone de Beauvoir ne 'Il secondo sesso': "[...]la vita permane, a condizione di superarsi; si supera, a condizione di permanere [...]". E' innegabile quanto abbia superato me stessa diventando madre. Ho trasceso alcuni dei miei limiti, altrimenti insuperabili. Sento, però, quanto sia indispensabile tornare a percorrere la terra del sistema precedente Sofia, e dissotterrare ciò che è rimasto irrisolto. Il paradosso, l'antitesi dentro di me, è proprio il fatto che nel superamento di me stessa attraverso l'esser diventata madre, specificità inconfutabile, l'altra specificità ne è rimasta strozzata, e nel soffocamento di questa, il superamento non può permanere.
Se i primi tre punti dell'elenco qui sopra non riguardano noi, il quarto è quello che stiamo vivendo e fa guerra dentro di me tra profonda, nuova felicità e asfissia, il quinto punto è quello che farà la differenza, l'incastro dei sistemi, la morbidezza dell'equilibrio. Verrà l'addomesticamento*, sarò sempre in conflitto, quello d'esser per lei o di essere per me, ma avrò tempo per risolverlo, e avere tempo significherà far convivere tre sistemi: il mio con quello di Sofia, e il mio con quell'altro mio, con quell'altra me.
Verrà Maggio. Scalpito.
*per esprimere il concetto esiste solo la parola di Saint-Exupéry.
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