19.6.10

L'eresia del crack.

Sono stata eretica per tutto il tempo, prima di questo. Mi dava aria percorrere le vie traverse, con addosso le scarpette rosse. Ballavo sempre, anche sotto i temporali, controvento. Taranta-taranta-taranta. Facevo paura senza che io ne avessi mai. Oppure era il sottobosco che raccontavo a fare paura, lì dove c'era ombra fitta, non un sentiero in luce, una rotta definita, un rifugio alla fine delle vie. Portavo l'ombra, lo splendore della mancanza di forma. Portavo le possibilità, rispondendo come fa l'oracolo. Lasciavo che i rimandi evocassero le risposte. Perciò non ne davo, evocavo.

Portavo unghia sporche di terra e la matita nera attorno agli occhi. Lì nel sottobosco.

Adesso svolgo i bei compitini.
Sono prodotto pubblicitario venduto. Non canto l'ombra ma i jingle. Vivo nella casetta di marzapane con addosso le pantofole, seduta su una sedia, le mani inamidate.

A lungo mi hanno inculcato che a portare i capelli sul volto fosse sconveniente, dicesse male.
Allora chignon, trecce, code, i capelli stirati, tirati, strappati, costretti perché non coprissero, non facessero paura coprendo l'insondabile.
Ora so che l'esposizione del manifesto in superficie ha dell'insano, a volte, e che il respondere sta dietro la parola, il fatto, l'atto.
Non si vede, seduta dove sono, ma sto facendo ricrescere i capelli fin sotto il fondo della schiena: a partire dal corpo cerco il sottobosco, senza vie traverse non so dove andare.
Faccio crack del sistema che mi ha inghiottito perché la vendita al dettaglio della marionetta che sono venga sospesa.
Ho ricominciato a parlare sottovoce sentendo da lontano l'ombra e la taranta rullare impazienti, avvicinarsi.
Voglio ballarle di nuovo, adesso che c'è mia figlia.


Janis Joplin - My baby

2 commenti:

  1. che poi, ad esempio, io credo di essere pronta per un Tango.

    michelinastreghina

    RispondiElimina
  2. Il tango: meraviglioso strumento per la donna selvaggia.

    E questo mi da il 'la' per scriverti quello che ho in mente da un po'.
    Premetto che avrei voluto scriverti lì, "a casa tua", ma mi è sembrato sempre fuori luogo, non pertinente, invadente anche.
    Qui, "a casa mia", forse mi è più lecito, non so.

    Qualche giorno fa mi sveglio e in mente non ho Sofia, né le cose che ho da fare, neanche le cose che avrei voglia di fare. Penso invece a come ti vanno i giorni di questa tua "nuova vita".
    Me lo sono chiesto per un po', prima che tornassero Sofia, le cose da fare, le cose che avrei voluto fare.

    Naturalmente è un pensiero che non chiede risposta (anche perché il tango parla da solo chiarissimamente :) ).
    Ho voluto soltanto mostrarti il mio stupore di fronte a come, attraverso questa cosa che stiamo facendo, i blog, una vita, la tua in questo caso, ti può entrare nel cuore.

    Tornando a sopra, Michela: ma che?, il tuo computer ti ha detto definitivamente no?

    RispondiElimina